LA TRINITA’

PREMESSA

SOMMARIO. Cosa chiede Agostino ai suoi lettori. Evitare i pericoli per essere capaci di assimilare i frutti di questa ricerca: 354. Dopo i cattolici che hanno scritto prima di lui, Agostino espone per la prima volta il dogma secondo la Scrittura. E comincia con una robusta professione di fede. Poiché la fede inizia la (ri)cognizione, per quanto può elenca gli elementi che la fede tiene per sicuri.: 355-358.

354. (De Trin. I 3,5). Chiunque legge quest’opera, dunque, prosegua con me se avrà la mia stessa certezza, ricerchi con me se condividerà i miei dubbi; ritorni a me se riconoscerà il suo errore, mi richiami se si avvedrà del mio. Insieme ci metteremo così sui sentieri della carità, in cerca di Colui del quale è detto: Cercate sempre il suo volto 28. In questa disposizione d’animo pia e serena vorrei trovarmi unito, davanti al Signore Dio nostro, con tutti i miei lettori di tutti i miei libri ma soprattutto di questo che indaga l’unità della Trinità, del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, poiché non c’è altro argomento a proposito del quale l’errore sia più pericoloso, la ricerca più ardua, la scoperta più feconda 29. Se poi, leggendo, qualcuno dirà: “Ciò non è stato bene spiegato, perché io non capisco se la prenda con il mio modo di esporre, ma non con la fede. Certamente la spiegazione avrebbe potuto essere più facile, ma nessun uomo parlò mai in modo che tutti lo intendessero su ogni cosa. Pertanto colui che troverà questa lacuna nel mio trattato, veda se, mentre non comprende me, è invece in grado di comprendere gli scritti di altri, competenti in questi argomenti e questioni. Se sarà così, lasci il mio libro, magari lo butti, se gli pare, e dedichi piuttosto fatica e tempo a coloro che è in grado di capire. Non pensi tuttavia che io avrei dovuto tacere perché non ho potuto esprimermi con tutta la facilità e chiarezza di quelli che egli capisce. Infatti non tutti gli scritti di tutti gli autori cadono nelle mani di tutti; e può accadere che alcuni che sono in grado di comprendere questo nostro lavoro non abbiano l’occasione di trovarne di più facili, ma trovino soltanto questo. È dunque utile che vengano scritti anche intorno alle stesse questioni da autori diversi molti libri con stile differente ma con identica fede, affinché la stessa cosa giunga a quanti più lettori è possibile, agli uni in un modo, agli altri in un altro 30. Ma se chi deplorasse di non aver capito questo mio scritto non fosse mai riuscito a capire nessun’altra spiegazione del genere, per quanto diligente e penetrante, costui se la prenda con se stesso, faccia propositi e sforzi per progredire, e non se la prenda con me per farmi tacere con le sue lamentele ed invettive. Chi infine leggendo dicesse: “Comprendo bene quanto qui si dice, ma tutto ciò non risponde a verità”, sostenga se crede la sua tesi e, se può, confuti la mia. Se farà questo, spinto dalla carità e dalla verità, e si prenderà cura di farmene partecipe, se sarò ancora in vita, trarrò da questo mio lavoro abbondantissimo frutto. E se poi non potrà comunicare con me, lo farà con quanti potrà, ed io sarò consenziente e contento. Per quanto mi riguarda mediterò sulla legge del Signore 31, se non giorno e notte 32, almeno ogni volta che posso e affido alla penna le mie meditazioni, perché la memoria non mi tradisca, e spero che la misericordia di Dio mi darà perseveranza in tutte quelle verità di cui ho certezza. Se il mio sentire sarà diverso dal vero, Egli me lo manifesterà 33 mediante ispirazioni e ammonimenti interiori o con l’aperta testimonianza della sua parola, oppure attraverso i colloqui con i fratelli. Di questo lo prego e affido il mio impegno ed il mio desiderio a Colui che so capace di custodire ciò che ha donato e di dare ciò che ha promesso 34.

355. (De Trin.I 4,7). Tutti gli interpreti cattolici dei Libri sacri dell’Antico Testamento e del Nuovo che hanno scritto prima di me sulla Trinità di Dio e che io ho potuto leggere, questo intesero insegnare secondo le Scritture: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo con la loro assoluta parità in una sola e medesima sostanza mostrano l’unità divina e pertanto non sono tre dèi, ma un Dio solo 38, benché il Padre abbia generato il Figlio e quindi non sia Figlio colui che è Padre; benché il Figlio sia stato generato dal Padre e quindi non sia Padre colui che è Figlio; benché lo Spirito Santo, non sia né Padre né Figlio ma solo lo Spirito del Padre e del Figlio, pari anch’egli al Padre e al Figlio, appartenente con essi all’unità della Trinità 39. Tuttavia non la Trinità medesima nacque dalla vergine Maria, fu crocifissa e sepolta sotto Ponzio Pilato, risorse il terzo giorno ed ascese al cielo 40, ma il Figlio solamente. Così non la Trinità medesima scese in forma di colomba su Gesù nel giorno del suo battesimo 41 o nel giorno della Pentecoste, dopo l’ascensione del Signore, si posò su ciascuno degli Apostoli, con il suono che scendeva dal cielo come fragore di vento impetuoso e mediante distinte lingue di fuoco, ma lo Spirito Santo solamente 42. Né infine la medesima Trinità pronunciò dal cielo le parole: Tu sei il Figlio mio 43, quando Gesù fu battezzato da Giovanni, o sul monte quando erano con lui i tre discepoli 44, oppure quando risuonò la voce dicendo: L’ho glorificato e ancora lo glorificherò 45, ma era la voce del Padre solamente che si rivolgeva al Figlio, sebbene il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo operino inseparabilmente, come sono inseparabili nel loro stesso essere 46. Questa è la mia fede, perché questa è la fede cattolica.

356. (Serm. 52,2,2). questo tuttavia noi riteniamo grazie alla stessa fede in maniera assolutamente giusta e salda, che cioè il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono l’inseparabile Trinità: un solo Dio, non tre dèi; un solo Dio, tuttavia, in modo che il Figlio non è il Padre, il Padre non è il Figlio, lo Spirito Santo non è né il Padre né il Figlio, ma è lo Spirito del Padre e del Figlio.

357. ( De Trin. IX 1,1). Ma è retta solo la tensione che procede dalla fede. È la certezza della fede che, in qualche maniera, è inizio della conoscenza, ma la certezza della conoscenza non sarà compiuta che dopo questa vita, quando vedremo a faccia a faccia 7. Abbiamo dunque questa intima convinzione e conosceremo che è più sicuro il sentimento che ci spinge a cercare la verità di quello che ci fa presumere di conoscere ciò che non conosciamo. Cerchiamo dunque con l’animo di chi sta per trovare e troviamo con l’animo di chi sta per cercare.

358. (De Trin. I 2,4). Per questo motivo con l’aiuto del Signore Dio nostro prenderemo la parola per spiegare, per quanto possiamo, come ci chiedono anche i nostri avversari, in qual modo la Trinità sia un solo unico e vero Dio e come sia pienamente esatto dire, credere e pensare che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono di un’unica e medesima sostanza o essenza 22, …Ma occorre per prima cosa dimostrare, fondandosi sull’autorità delle Sacre Scritture, se tale è l’insegnamento della fede.

CAPITOLO I

Le parole e il loro significato,che si usano in questo trattato.

SOMMARIO, Nozione di sostanza, essenza, natura. I Greci usano le parole con significati diversi dai Latini: 359-364. Nel parlare comune sostanza e ed essenza significano la stessa cosa, Agostino preferisce con i Latini parlare di tre persone invece di parlare di tre sostanze. Il bisogno di una migliore terminologia fa preferire il termine “persone”, per poter rispondere e non tacere quando si domandasse: Che cos’è?: 365-369. Illustra poi la nozione di sostanza e la attribuisce alla Trinità, diversamente da come viene detto degli uomini: 370.

359. (En in Ps. 68, Serm. 1,5). Il termine ” sostanza ” lo si potrebbe, veramente, intendere in un altro modo:… Si parla spesso dell’uomo, dell’animale, della terra, del cielo, del sole, della luna, del mare, dell’aria. Tutte queste cose sono sostanze, e lo sono in forza di quello che sono…Dio è una sostanza; infatti ciò che non è sostanza, è nulla. La sostanza dunque è una entità.

360. (De mor. Eccl. cath. et Man. II 2,2). Infatti la stessa natura altro non è se non ciò che, nel suo genere, è concepito come qualcosa che è. Pertanto, come noi, usando un nome nuovo derivato da quello di essere, chiamiamo essenza ciò che per lo più chiamiamo anche sostanza, così gli antichi, che non possedevano queste parole, impiegavano natura per essenza e sostanza.

361. (De civ. Dei XII 2). A proposito di essenza, come da sapere si ha sapienza, così da essere si ha essenza, un termine certamente nuovo, che gli antichi scrittori latini non hanno usato, ma usuale ai giorni nostri. E affinché non mancasse alla nostra lingua il termine che i Greci dicono “ousian”, dal verbo è stata coniata la parola di essenza.

362. (De Trin VII 4,7). i nostri Greci hanno usato questa espressione: una essenza, tre sostanze; i Latini invece: una essenza o sostanza, tre Persone 49, perché, come abbiamo già detto, nella nostra lingua, cioè in latino, “essenza” e “sostanza” sono correntemente considerate sinonimi.

363. (ib. 6,11). Senza dubbio si tratta di una cosa del tutto simile, perché gli antichi che parlavano in latino, prima di conoscere i termini di “sostanza” o “essenza”, che sono venuti in uso di recente, usavano al loro posto quello di “natura”.

364. (ib. 5,10). Tuttavia lo si chiami essenza 63, termine proprio, o sostanza 64, termine improprio, ambedue questi termini sono assoluti, non relativi 65. Perciò per Dio essere è la stessa cosa che sussistere, e dunque se la Trinità è una sola essenza, essa è anche una sola sostanza. Allora è forse più esatto parlare di tre Persone che di tre sostanze 66.

365. (ib. V 9,10). Ma poiché presso di noi il linguaggio parlato ha fatto sì che la parola essenza significhi la stessa cosa che la parola sostanza, non osiamo dire: “un’essenza, tre sostanze”, ma: “un’essenza o sostanza e tre persone”. Di questa formula molti latini che hanno trattato di queste questioni e meritano credito hanno fatto uso, non trovando un’espressione più appropriata per esprimere con parole ciò che concepivano senza parole. In effetti, poiché il Padre non è il Figlio, il Figlio non è il Padre, e lo Spirito Santo, che è anche chiamato dono di Dio 27, non è né il Padre né il Figlio, sono tre evidentemente, per questo la Scrittura dice al plurale: Io e il Padre siamo una sola cosa 28. Non disse infatti: “è una sola cosa”, come pretendono i Sabelliani 29, ma: siamo una sola cosa. Tuttavia se si chiede che cosa sono questi Tre, dobbiamo riconoscere l’insufficienza estrema dell’umano linguaggio. Certo si risponde: “tre persone”, ma più per non restare senza dir nulla, che per esprimere quella realtà.

366. (ib. VII 4,7.8). Per parlare dell’ineffabile, affinché potessimo esprimere in qualche modo ciò che in nessun modo si può spiegare, i nostri Greci hanno usato questa espressione: una essenza, tre sostanze; i Latini invece: una essenza o sostanza, tre Persone 49,… E purché si intenda almeno in enigma 50 ciò che si dice, ci si è accontentati di queste espressioni per rispondere qualcosa quando si chiede che cosa sono i Tre; questi Tre di cui la fede ortodossa afferma l’esistenza, quando dichiara che il Padre non è il Figlio e lo Spirito Santo, che è il dono di Dio 51, non è né il Padre né il Figlio….8. Il termine essenza è loro comune, in modo che ciascuno di essi si chiami essenza, nella stessa misura in cui è loro comune il termine “sostanza” o “persona”. Infatti ciò che abbiamo detto delle persone, secondo il nostro modo abituale di parlare, occorre intenderlo delle sostanze secondo quello dei Greci, in quanto essi dicono: “tre sostanze, una essenza”, come noi diciamo: “tre persone, una essenza o sostanza”.

367. (ib. 6,11). I Greci, è vero, se volessero, potrebbero chiamare i Tre prosopa: tre persone, come chiamano le tre ipostasi: tre sostanze. Ma hanno preferito questa espressione, che forse è più conforme alla natura della loro lingua. D’altra parte per le “persone” le cose stanno allo stesso modo che per la “sostanza”, perché per Dio essere ed essere persona non sono cose diverse, ma assolutamente la stessa cosa. Se essere è un termine assoluto, persona invece relativo, chiameremo allora il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo tre Persone, allo stesso modo che chiamiamo certi uomini tre amici, o tre parenti, o tre vicini per le loro mutue relazioni, non per quello che ognuno è in senso assoluto. Dunque ognuno di loro è amico degli altri due, o parente o vicino, perché queste parole esprimono una relazione….Che dire dunque? Ci si concederà di affermare che il Padre è la persona del Figlio e dello Spirito Santo, ovvero che lo Spirito Santo è la persona del Padre e del Figlio? Il termine “persona” non si usa mai in questo senso, e quando nella Trinità nominiamo la persona del Padre, non intendiamo significare altra cosa che la sostanza del Padre. Di conseguenza, come la sostanza del Padre è il Padre stesso, non ciò per cui è Padre, ma ciò per cui è; così la persona del Padre non è una cosa diversa dal Padre stesso, perché si dice persona in senso assoluto, non in senso relativo al Figlio o allo Spirito Santo, come Dio è detto in senso assoluto grande, buono, giusto ed ogni altro attributo di questo genere. E come per lui è la stessa cosa essere ed essere Dio, essere grande, essere buono, così per lui è la stessa cosa essere ed essere persona. Perché dunque non chiamiamo questi Tre insieme una sola Persona, come li chiamiamo una sola essenza e un solo Dio, ma li chiamiamo tre Persone, mentre non parliamo di tre dèi o di tre essenze, se non perché vogliamo avere una parola che esprima in che senso si debba concepire la Trinità e non restare senza dire proprio nulla quando ci viene domandato che cosa sono questi Tre, dato che noi stessi abbiamo ammesso che sono tre?

368. (ib. 4,8). se noi parliamo di tre Persone in quanto i Tre hanno in comune ciò che caratterizza la persona (altrimenti non potrebbero in nessun modo essere chiamati così, come non sono chiamati tre figli, perché essi non hanno in comune ciò che caratterizza il Figlio) perché non possiamo chiamarli anche tre dèi? Senza dubbio infatti, poiché il Padre è una persona, il Figlio è una persona, lo Spirito Santo è una persona, vi sono tre persone: ma allora, poiché il Padre è Dio, il Figlio è Dio, lo Spirito Santo è Dio, perché non vi sono tre dèi? E se in virtù di una unione ineffabile queste tre realtà insieme sono un Dio solo, perché non sono una sola persona, cosicché non possiamo chiamarli tre persone, sebbene chiamiamo Persona ciascuna delle tre persone, come non possiamo parlare di tre dèi, sebbene noi chiamiamo Dio ciascuno di essi: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo? Forse perché la Scrittura non parla di tre dèi? Ma non troviamo nemmeno che la Scrittura parli di tre persone. O forse perché la Scrittura non parla né di tre né di una persona a proposito di queste tre realtà (vi leggiamo infatti della persona del Signore, ma non della persona che è il Signore), perciò siamo autorizzati per le necessità del linguaggio e della disputa a parlare di tre persone, non perché la Scrittura lo dica, ma perché non lo contraddice; mentre se parlassimo di tre dèi, sarebbe contrario alla Scrittura, che afferma: Ascolta, Israele: Il Signore Dio tuo è un unico Dio 58?

369. (ib. 4,9). Che ci resta dunque? Ci resta forse da riconoscere che queste espressioni sono state originate dall’indigenza del linguaggio, quando erano necessarie delle lunghe dispute contro le insidie e gli errori degli eretici 60? Infatti, quando la povertà umana tentava di esprimere con parole adatte ai sensi degli uomini, ciò che nel segreto dello spirito sa, secondo la sua capacità, del Signore Dio suo Creatore, sia per la fede religiosa sia per qualsiasi altra conoscenza, essa ha temuto di parlare di tre essenze, perché non si sospettasse una qualche diversità in quella suprema uguaglianza. D’altra parte non poteva negare l’esistenza di tre realtà perché, per averla negata, Sabellio cadde nell’eresia 61. E dalla Scrittura risulta, con assoluta certezza, ciò che si deve credere con fedeltà, e l’occhio dello spirito percepisce con piena chiarezza: che esiste il Padre, esiste il Figlio, esiste lo Spirito Santo, ma che il Figlio non è lo stesso che il Padre, e lo Spirito Santo non è lo stesso che il Padre o il Figlio. La povertà umana si è chiesta come designare queste tre realtà e le ha chiamate sostanze o Persone, con i quali termini volle escludere tanto la diversità di essenza quanto l’unicità delle Persone, in modo da suggerire non solo l’idea di unità con l’espressione “una essenza”, ma anche l’idea di Trinità con l’espressione “tre sostanze o Persone”.

:

370. (En in Ps. 68, Serm. 1,5). La sostanza dunque è una entità. Così anche nella fede cattolica, contro i veleni di certi eretici, ci siamo talmente consolidati che possiamo affermare: Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono un’unica sostanza. Che significa: Sono un’unica sostanza? Faccio un esempio. Se il Padre è oro, anche il Figlio è oro, e oro è anche lo Spirito Santo. Qualunque cosa è il Padre in quanto Dio, tale cosa è il Figlio, tale è anche lo Spirito Santo. Quanto invece all’essere Padre, non lo è per ciò che lo fa essere: difatti è chiamato ” Padre ” non in rapporto a sé, ma in rapporto al Figlio, mentre in rapporto a se stesso è detto Dio. E in quanto è Dio, è sostanza. E poiché il Figlio è di quella stessa sostanza, senza dubbio anche il Figlio è Dio. Ma poiché ” Padre ” non è il nome della sostanza (lo si dice infatti così in riferimento al Figlio!), noi non diciamo che il Figlio è Padre, mentre diciamo che il Figlio è Dio. Chiedi che cosa sia il Padre? Ti si risponde: Dio. Chiedi che cosa sia il Figlio? Ti si risponde: Dio. Chiedi che cosa siano il Padre e il Figlio? Ti si risponde: Dio. Se ti interrogano del solo Padre, rispondi che è Dio; se ti interrogano del solo Figlio, rispondi che è Dio; se ti interrogano di ambedue, non rispondi che sono dèi, ma che sono Dio. Non così accade tra gli uomini. Se tu chiedi cosa sia il padre Abramo, ti si risponde: È un uomo. Ti si risponde, cioè, con il nome della sostanza. Se chiedi cosa sia suo figlio Isacco, ti si risponde: È un uomo. Cioè, Abramo e Isacco sono della stessa sostanza. Se poi chiedi che cosa siano Abramo ed Isacco, non ti si risponde che sono un uomo, ma che sono uomini. Nelle Persone divine non è così. È tanto grande la comunione in seno alla sostanza divina da ammettere l’uguaglianza escludendo ogni pluralità. Fa’ dunque il caso che uno venga a dirti: ” Se tu affermi che il Figlio è ciò che è il Padre, ne segue che il Figlio necessariamente dovrà essere anche Padre “. Ebbene, tu rispondi: ” Quanto alla sostanza, ti ho detto che ciò che è il Figlio è il Padre; ma non secondo la relazione fra l’uno e l’altro “. Per ciò che è in se stesso, il Figlio è detto Dio; in relazione al Padre, invece, è detto Figlio. Ugualmente il Padre: in se stesso è Dio, in relazione al Figlio è Padre. Ciò che è il Padre in relazione al Figlio non compete al Figlio e ciò che è il Figlio in relazione al Padre non compete al Padre. Per quel che riguarda invece il Padre in se stesso e il Figlio in se stesso, il Padre è ciò che è il Figlio, cioè Dio.

CAPITOLO II

La Trinità delle persona nella unità della divina sostanza.

SOMMARIO. La S. Scrittura manifesta la Trinità e l’ unità. La SS.ma Trinità è un solo Dio: 371-374. Il Concilio Niceno proclama la divinità del Figlio contro gli Ariani: 375. Anche lo Spirito Santo partecipa della stessa unità di sostanza: 376. Contro gli Ariani e i Sabelliani argomentta dalla S. Scrittura l’ unità divina e la Trinità delle persone, Padre, Figlio e Spirito Santo, ciascuno singolarmente Dio, e insieme tutti sono un Dio solo.: 377-379. La Trinità delle persone non viola la semplicità divina: 380. Insegna come la divina essenza non sia quasi una quarta divinità, ma la stessa ineffabile Trinità. Le tre persone divine formano la stessa numerica essenza: 381-383. L’ essenza divina è uguale nelle singole persone e nelle tre insieme:384-385.

371. (De Trin. XV 28,51). Signore nostro Dio, crediamo in te, Padre e Figlio e Spirito Santo. Perché la Verità non avrebbe detto: Andate, battezzate tutte le genti nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo 324, se Tu non fossi Trinità. Né avresti ordinato, Signore Dio, che fossimo battezzati nel nome di chi non fosse Signore Dio. E una voce divina non avrebbe detto: Ascolta Israele: Il Signore Dio tuo è un Dio Unico 325, se Tu non fossi Trinità in tal modo da essere un solo Signore e Dio. E se Tu fossi Dio Padre e fossi pure il Figlio tuo Verbo, Gesù Cristo, e il Vostro Dono lo Spirito Santo, non leggeremmo nelle Sacre Scritture: Dio ha mandato il Figlio suo 326, né Tu, o Unigenito, diresti dello Spirito Santo: Colui che il Padre manderà in mio nome 327 e: Colui che io manderò da presso il Padre 328.

372. ( De Trin. XII 6,6). Infatti Dio disse: Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza 10. E poco dopo è detto: E Dio fece l’uomo ad immagine di Dio 11. La parola: nostra, essendo un plurale, sarebbe impropria, se l’uomo fosse stato fatto a immagine di una sola persona, sia quella del Padre, del Figlio o dello Spirito Santo. Ma poiché veniva fatto ad immagine della Trinità, per questo si ha l’espressione: ad immagine nostra. Al contrario, per evitare che ritenessimo di dover credere che ci sono tre dèi nella Trinità, dato che questa stessa Trinità è un solo Dio, la Scrittura dice: E Dio fece l’uomo a immagine di Dio; come se dicesse: Ad immagine sua 12.

373. (Ep. 238,2,11). Quanto poi all’espressione della Scrittura che di Dio dice: il solo che possiede l’immortalità 6; e: All’unico Dio, invisibile, onore e gloria 7 e tutte le altre simili a queste, le intendiamo riferite non solo al Padre, ma anche al Figlio, per quel che riguarda la natura divina, e allo Spirito Santo, poiché il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono un unico Dio, un solo vero Dio, il solo immortale secondo la sostanza perfettamente immutabile. Se infatti della carne di sesso diverso la Scrittura dice: Chi si unisce a una meretrice forma con lei un solo corpo 8; e se, nel versetto seguente, dello spirito dell’uomo, che non è ciò ch’è il Signore, sta scritto: Chi si unisce al Signore forma un solo spirito con lui 9; quanto più Dio Padre nel Figlio e Dio Figlio nel Padre e Dio Spirito del Padre e del Figlio formano un solo Dio, non essendo in essi alcuna diversità di natura,

374. (C. Max Arian: 14,2). Cos’è dunque questa Trinità, se non di un’unica e medesima sostanza? Dal momento che il Figlio non deriva da una qualche materia o dal nulla, ma da colui dal quale nacque, allo stesso modo lo Spirito Santo non deriva da una qualche materia o dal nulla ma di là donde procede. Ma voi non volete neppure che il Figlio sia generato dalla sostanza del Padre e tuttavia concedete che egli non deriva né dal nulla, né da una qualche materia, ma dal Padre. Non vedete quanto sia necessario che, colui che non deriva dal nulla, né da qualche altra cosa ma da Dio, non possa derivare se non dalla sostanza di Dio ed essere della stessa natura di Dio dal quale deriva, cioè Dio da Dio? Per questo, è nato Dio da Dio, poiché non vi fu altro prima ma è natura coeterna a Dio; non è un’altra cosa distinta da colui dal quale deriva, ossia è dell’unica e medesima natura o dell’unica e medesima sostanza del Padre.

375. (ib 14,3). Dunque, il Padre e il Figlio sono di una medesima sostanza. Si tratta di quell’homousion, che, nel concilio di Nicea, fu stabilito dai Padri cattolici con l’autorità della verità e con la verità dell’autorità contro gli eretici Ariani. In seguito, nel concilio di Rimini, tenuto sotto l’eretico imperatore Costanzo, l’empietà eretica tentò di distruggere ciò che la fede antica aveva generato, e, a causa della novità del vocabolo, che non venne inteso nel modo opportuno, molti furono ingannati con la frode da pochi. Ma non molto tempo dopo, avendo avuto il sopravvento la libertà della fede cattolica, ed essendo stato compreso nel modo opportuno il senso del vocabolo, l’homousion fu difeso in lungo e largo a beneficio della purezza della fede cattolica. Infatti, cosa significa l’homousion se non che il Figlio è dell’unica e medesima sostanza del Padre? Cosa significa, dicevo, l’homousion se non questo: Io e il Padre siamo una cosa sola 55?

376. (De Trin. VI 5,7). Per questo anche lo Spirito Santo sussiste insieme in questa medesima unità e uguaglianza di sostanza. Sia egli infatti l’unità delle due altre Persone, o la loro santità, o il loro amore, sia la loro unità perché è il loro amore, e sia il loro amore perché è la loro santità, è chiaro che non è affatto una delle due prime Persone, in cui si attua il vincolo della loro mutua unione, in cui il generato sia amato dal suo generante ed ami il suo generatore, in cui tutti e due conservino, non per partecipazione, ma per loro essenza, non per il dono di un essere superiore, ma per il dono di sé, l’unità di spirito nel vincolo della pace 26…Lo Spirito Santo è dunque qualcosa di comune al Padre e al Figlio, qualsiasi cosa sia, o più precisamente la stessa comunione consustanziale ed eterna; se il nome di amicizia le si addice, la si chiami così, ma è più esatto chiamarla carità. Ed anche questa carità è sostanza, perché Dio è sostanza e Dio è carità 33, secondo la Scrittura.

377. (In Io. Ev. tr. 36,9). In che senso dunque è vero il suo giudizio, se non perché è il vero Figlio di Dio? Egli dice: Anche se giudico, il mio giudizio è vero, perché non sono solo, ma è con me il Padre che mi ha mandato, come a dire: il mio giudizio è vero perché sono Figlio di Dio. Come dimostri che sei Figlio di Dio? Perché non sono solo, ma è con me il Padre che mi ha mandato. Vergognati, sabelliano, stai ascoltando “Figlio” e stai ascoltando “Padre”. Il Padre è il Padre, il Figlio è il Figlio. Non dice: Io sono il Padre e sono anche il Figlio; ma dice: Io non sono solo. Perché non sei solo? Perché è con me il Padre. Sono io e il Padre che mi ha mandato. Ascolta bene: Sono io e colui che mi ha mandato. Distingui bene le persone, se non vuoi sacrificarne una delle due. Distinguile con l’intelligenza, non separarle con l’incredulità, di modo che fuggendo Cariddi tu non cada in Scilla. Eri come inghiottito nel gorgo dell’empietà dei sabelliani, se sei arrivato a dire che il Padre è la stessa persona del Figlio; adesso hai imparato: Non sono solo – dice il Signore – ma io e il Padre che mi ha mandato. Riconosci che il Padre è il Padre e il Figlio è il Figlio. Renditene conto, ma guardati anche dal dire: il Padre è maggiore e il Figlio è minore; attento a non dire che il Padre è oro e il Figlio è argento. C’è una sola sostanza, una sola divinità, una sola coeternità, perfetta uguaglianza, nessuna diversità. Se solamente crederai che Cristo è altra cosa da ciò che è il Padre, però non della medesima natura, avrai evitato Cariddi, ma finirai negli scogli di Scilla. Naviga nel mezzo, evitando l’una e l’altra costa, ambedue pericolose…Infatti il Figlio è un altro, poiché egli non è il Padre; e un altro è il Padre, poiché egli non è il Figlio; non sono tuttavia di natura diversa, perché il Padre e il Figlio sono la medesima natura. Che vuol dire la medesima natura? Vuol dire che sono un solo Dio. Hai sentito: Non sono solo, ma io e il Padre che mi ha mandato: ascolta ora come devi credere al Padre e al Figlio. Ascolta lo stesso Figlio: Io e il Padre siamo una cosa sola (Gv 10, 30). Non ha detto: Io sono il Padre, oppure: Io e il Padre è uno solo, ma siccome ha detto: Io e il Padre siamo una cosa sola, tieni conto di ambedue le espressioni: una cosa sola e siamo, e così eviterai Scilla e Cariddi. Con la prima di queste due espressioni, cioè una cosa sola, ti salva da Ario; con la seconda, cioè siamo, ti salva da Sabellio. Se è una cosa sola, vuol dire che non è diverso; dicendo siamo, comprende il Padre e il Figlio

378. (De Trin:VII 6,12). Io e il Padre siamo una sola cosa 71. Da una parte il Signore dice: una sola cosa, dall’altra siamo; una sola cosa, secondo l’essenza, perché sono un unico Dio; siamo secondo la relazione perché il primo è Padre, l’altro Figlio.

379. (De doct. chr. I 5,5). Le cose di cui bisogna appieno godere sono dunque il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, cioè la Trinità, che è la più eccelsa di tutte le cose, una ” cosa ” comune a tutti coloro che ne godono, seppure è una cosa e non la causa di tutte le cose e se anche questo termine ” causa ” le è appropriato. Non è infatti facile trovare un nome adatto a un essere così sublime, ma, meglio che con altri, la si dice Trinità: un solo Dio dal quale, per il quale e nel quale sono tutte le creature 8. Così il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo ciascuno è Dio e tutti insieme sono un solo Dio; ciascuna di queste Persone è sostanza completa e tutte insieme un’unica sostanza. Il Padre non è né il Figlio né lo Spirito Santo, il Figlio non è il Padre né lo Spirito Santo, lo Spirito Santo non è né il Padre né il Figlio; ma il Padre è solamente Padre, il Figlio solamente Figlio, lo Spirito Santo solo Spirito Santo. Eppure ai Tre compete la stessa eternità, la stessa incomunicabilità, la stessa maestà, la stessa onnipotenza. Nel Padre c’è l’unità, nel Figlio l’uguaglianza, nello Spirito Santo l’armonia dell’unità con l’uguaglianza. E queste tre cose sono tutte uno a causa del Padre, sono tutte uguali per il Figlio, comunicanti fra loro a causa dello Spirito Santo.

380. (De civ. Dei XI 10,1). Vi è un solo essere buono semplice e perciò il solo non diveniente, ed è Dio. Da questo essere buono sono stati creati tutti gli esseri buoni, ma non semplici e perciò divenienti. Sono stati creati, ripeto, cioè fatti, non generati. Infatti l’essere generato dall’essere buono semplice è parimenti semplice e medesimo all’essere dal quale è stato generato. Noi li chiamiamo Padre e Figlio e l’uno e l’altro con il loro Spirito è un solo Dio. Lo Spirito del Padre e del Figlio è detto nella sacra Scrittura Spirito Santo con un particolare significato di questo termine. È un altro dal Padre e dal Figlio, perché non è né il Padre né il Figlio, ma un altro, ripeto, non altro, perché anche egli è egualmente un essere buono semplice, egualmente non diveniente e coeterno. E questa Trinità è un solo Dio, ma non perché è Trinità, non è semplice. E non diciamo semplice l’essenza dell’essere buono nel senso che in essa vi è soltanto il Padre o soltanto il Figlio o soltanto lo Spirito Santo o anche che è soltanto una Trinità di nome, senza la sussistenza delle persone, come pensavano gli eretici Sabelliani, ma si considera semplice perché in lei essere ed avere si identificano, salvo che le persone si dicono in senso relativo l’una dell’altra.

381. ( Ep. 120,3,13). Per ora credi fermamente che Padre, Figlio e Spirito Santo sono la Trinità ma anche un sol Dio: non che sia comune ad essi una specie di quarta divinità, ma questa è la stessa ineffabile e inseparabile Trinità.

382. (ib 3,17). la divinità della Trinità, che alcuni credono diversa dalla stessa Trinità, mentre in virtù di essa le tre Persone non vengono dette tre dèi ma un solo Dio, in quanto essa è unica e comune alle stesse Persone, o è sostanza oppure no. Se è sostanza ed è diversa dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo, ossia pure dalla Trinità stessa, è senza dubbio un’altra sostanza; opinione, questa, respinta e rigettata dalla verità. Se invece la divinità non è una sostanza ed è Dio stesso, in quanto è tutta intera dovunque, essa non è la Trinità e per conseguenza Dio non è sostanza; ma chi mai dei Cattolici oserebbe affermare una simile cosa? Parimenti, se la divinità non è sostanza e la Trinità è, in virtù di essa, un solo Dio, perché unica nelle tre Persone, si sarebbe dovuto dire che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo hanno non già un’unica sostanza, ma un’unica divinità, che però non sarebbe sostanza. Tu però sai che la fede cattolica sostiene ed ha sempre sostenuto che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, proprio per il fatto d’essere la Trinità, sono pure un solo Dio, poiché sussistono inseparabili in un’unica ed identica sostanza, o, se vogliamo parlare più esattamente, in un’unica essenza. In realtà alcuni nostri teologi, soprattutto Greci, insegnano che la Trinità, ossia Dio, è un’unica essenza piuttosto che un’unica sostanza, credendo o comprendendo che fra questi due termini v’è una certa differenza, sulla quale adesso è meglio non discutere. Anche se chiamassimo essenza anziché sostanza la divinità che si pensa diversa dalla stessa Trinità, ne deriverebbe ugualmente il medesimo errore; poiché se la divinità è diversa dalla Trinità sarà pure diversa l’essenza. Dio guardi i Cattolici dal dire una tale assurdità! Ci resta dunque solo di credere che la Trinità è un’unica sostanza in modo che la sua essenza non sia altro che la stessa Trinità.

383. (De Trin. VII 6,11). Non è dunque in questo senso che noi chiamiamo la Trinità tre Persone o sostanze, una essenza ed un solo Dio, come se vi fossero tre realtà che sussistono formate dalla stessa materia, sebbene questa materia – qualunque cosa essa sia – sia suddivisa tra questi Tre. Infatti non c’è qualche altra cosa che appartenga alla essenza divina in aggiunta alla Trinità. Tuttavia diciamo: le tre Persone sono della stessa essenza, o le tre Persone sono una sola essenza, ma non diciamo: le tre Persone sono state formate dalla stessa essenza – come se qui una cosa fosse l’essenza, altra cosa la persona – come possiamo parlare di tre statue formate dallo stesso oro, perché in questo caso una cosa è essere oro, altra cosa essere statue. E quando diciamo: tre uomini sono una sola natura, o: tre uomini sono di una stessa natura, possiamo anche dire: tre uomini provengono da una stessa natura, perché anche altri tre uomini possono aver origine dalla stessa natura. Nell’essenza della Trinità, invece, è assolutamente impossibile che qualsiasi altra persona possa aver origine da questa stessa essenza. Inoltre nelle cose di questo mondo, un uomo solo non è tanto, quanto tre uomini insieme, e due uomini sono più che un uomo solo; e se sono della stessa dimensione c’è più oro in tre statue insieme che in una sola e c’è meno oro in una che in due. Ma in Dio le cose non stanno così; il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo insieme non costituiscono un’essenza più grande che il Padre solo o il Figlio solo, ma insieme queste tre sostanze o Persone (se si deve chiamarle così), sono uguali a ciascuna di esse. È ciò che l’uomo carnale non comprende 67, perché i fantasmi che volteggiano nella sua anima rappresentandogli i corpi, gli permettono di concepire soltanto masse ed estensioni, piccole o grandi.

384. (Ep 170,5). Questa Trinità è di un’unica e medesima natura e sostanza: non è minore in ciascuna Persona che in, tutte e tre, né. in tutte le Persone maggiore che nelle singole; ma nel solo Padre o nel solo Figlio è tanto grande quanto nel Padre e nel Figlio insieme, ed è tanto grande nel solo Spirito Santo quanto è grande nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo insieme. Il Padre inoltre per generare da sé il Figlio, non diminuì se stesso, ma generò da sé un altro se stesso, in guisa da rimanere tutto intero in sé e da essere nel Figlio tanto grande quanto lo era da solo. Allo stesso modo anche lo Spirito Santo, integro dal suo principio integro, non precede il principio, dal quale procede, ma è con lui tanto grande quanto lo è procedendo da lui, né diminuisce il suo principio procedendo da lui, né lo accresce restandogli unito. Queste tre Persone formano un solo Dio senza confusione, e sono tre senza divisione ma, pur essendo una sola cosa, sono tre e, pur essendo tre, sono una sola cosa. Pertanto Colui, che a tanti cuori dei suoi fedeli ha concesso d’essere un cuor solo, con quanto maggior ragione conserva in se stesso il poter far sì che queste tre e singole Persone siano Dio, e che, tutte insieme, costituiscano un Dio solo e non tre dèi.

385. De Trin. VI 8,9). Poiché dunque tanto grande è il Padre da solo o il Figlio da solo o lo Spirito Santo da solo, quanto il Padre il Figlio e lo Spirito Santo insieme,

CAPITOLO  III

Il Figlio è generato dal Padre, Sapienza da Sapienza.

SOMMARIO. Solo il Padre non è da altro: 386-387. Il Figlio fu generato: 388. Il Padre prima del tempo generò il Figlio dalla sua sostanza. La S. Scrittura lo afferma: 389-390. La generazione più perfettamente si addice a Dio che alle creature. Il Padre genera sempre, il Figlio nasce sempre. Uguale al Padre in tutto, Dio da Dio. sapienza da sapienza: 391-396. Quando la mente conosce se stessa, genera il verbo in tutto uguale a se stessa. La concezione spirituale ha molto del verbo generato nella mente; anche senza procedere già è nato nel cuore. Per trovare una similitudine tra il Verbo di Dio e il verbo umano occorre passare dal verbo che la voce pronuncia e pervenire al verbo razionale vivo che viene generato dalla scienza che resta nell’ animo.. Dalla produzione del verbo nella mente avremo una certa cognizione della generazione del Verbo di Dio dall’ intelletto del Padre. Il Figlio come immagine nata da Dio Padre è uguale al Padre, e così differisce dall’ uomo che è immagine fatta dalla Trinità: 397-403.

386. (De Trin XV 26,47). Solo il Padre infatti non ha origine da un’altra Persona, perciò solo lui è chiamato ingenerato, non nella Scrittura, ma nel linguaggio usuale di coloro che trattano di un così grande mistero e si sono espressi come hanno potuto

387. (Ep 238,1,6). allo stesso modo che in nessun passo dei Libri sacri si legge ” Padre ingenerato ” e tuttavia si può sostenere che lo si può dire.

388. (Ep. 242,3). Tutto fu fatto per mezzo di lui, e senza di lui non fu fatto nulla…Se in realtà tutto è stato fatto per mezzo di lui, tutto ciò che non è stato fatto per mezzo di lui non è stato fatto. Egli da solo non si è fatto e quindi non è stato fatto... Ma se non è stato fatto e tuttavia egli è il Figlio, senza dubbio è nato. La nostra fede consiste nel credere e professare che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono un solo Dio, non già nel chiamare Padre colui ch’è il Figlio né Figlio colui ch’è il Padre né Padre o Figlio colui ch’è lo Spirito Santo del Padre e del Figlio. Con questi termini s’indicano le relazioni vicendevoli delle tre persone divine tra loro, non già la natura in virtù della quale sono un solo Dio. Mi spiego: quando si dice Padre, non lo si dice se non di un Figlio e il Figlio non s’intende che di un Padre, e lo Spirito, come termine relativo ad altro, è lo Spirito di qualcuno ch’è Spirante e questo è naturalmente colui dal quale procede lo Spirito.

389. (Serm. 135,3.4). Se il Padre ha generato altro di ciò che egli è, non ha generato un vero Figlio; il Padre dice del Figlio: Prima della luce io ti ho fatto uscire dall’utero 5. Che vuol dire: prima della luce? Con il termine luce sono indicati i tempi. Perciò prima dei tempi, avanti a tutto ciò che si dice ” prima “; avanti a tutto ciò che non è, avanti anche a tutto ciò che è. Infatti il Vangelo non dice: In principio Dio creò il Verbo, a quel modo che disse: In principio Dio creò il cielo e la terra 6, oppure: In principio nacque il Verbo o anche: In principio Dio generò il Verbo. Ma che affermò? Era, era era. Tu ascolti: Era, credi. In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio 7. Ogni volta tu ascolti: Era, non ricercare il tempo perché sempre era. Egli, dunque – colui che sempre era, e con il Figlio sempre era, perché Dio è potente da generare senza tempo -; egli ha detto al Figlio: Prima della luce io ti ho fatto uscire dall’utero. Che vuol dire: dall’utero? Ebbe utero Dio? Penseremo che a Dio gli siano proprie ordinatamente membra corporali? Lungi da noi! E per quale ragione ha voluto dire dall’utero, se non affinché si comprendesse di aver genarato dalla propria sostanza? Quindi dall’utero è venuto fuori ciò che era egli stesso che ha generato. Se infatti altro era chi ha generato, altro invece chi è venuto fuori dall’utero, è un essere mostruoso, non il Figlio.

390. (Ep. 170,4). Il Figlio unigenito non ha l’essere da Dio Padre, come da lui lo hanno tutte le creature ch’egli creò dal nulla. Generò il Figlio dalla propria sostanza, non dal nulla, né generò nel tempo il Figlio per mezzo del quale creò tutti i tempi. Come la fiamma non precede nel tempo lo splendore ch’essa genera, così il Padre non è stato mai senza il Figlio. Egli è la Sapienza di Dio Padre, della quale sta scritto: E’ splendore di luce eterna 4. Essa è dunque senza dubbio coeterna alla luce di cui è splendore, cioè a Dio Padre. Perciò Dio non creò in principio il Verbo, come creò in principio il cielo e la terra, ma in principio era il Verbo 5.

391. (Ep 170 7-8). Un altro errore degli Ariani simile al precedente è quello per cui affermano che il Figlio è di natura e di sostanza diversa da quella del Padre, perché Dio Padre non procede da un altro Dio, mentre il Figlio, sebbene sia senza dubbio Dio, procede da Dio Padre. Anche qui non si indica la sostanza, ma l’origine, cioè non quello che uno è, ma donde derivi o non derivi. Non si può affermare che Abele e Adamo non fossero di un’unica naturale sostanza per il fatto che Abele nacque dal primo uomo, mentre Adamo non nacque da nessuno. Se dunque si cerca la natura di entrambi, Abele fu uomo come Adamo; ma se si cerca l’origine, Abele nacque dal primo uomo, Adamo da nessuno. Così riguardo a Dio Padre e a Dio Figlio, se si cerca la natura di entrambi, ognuno dei due è Dio, né l’uno è Dio più grande dell’altro; ma se si cerca l’origine, Dio Figlio è generato da Dio Padre, mentre non c’è alcun Dio da cui è generato il Padre.

392. (Ep. 238,4.24). Se il Figlio è nato dal Padre, questi ha cessato ormai di generare? Se ha cessato, ha anche iniziato. Se ha iniziato, c’è stato allora un momento in cui era senza il Figlio? Ma il Padre non è stato mai senza il Figlio, poiché il Figlio è la sua Sapienza, ch’è lo splendore della luce eterna, cioè del Padre. Sempre dunque il Padre genera e sempre nasce il Figlio.

393. (De symb. Serm.. ad cat. 3,3). Noi crediamo anche in Gesù Cristo, Figlio unigenito di Dio Padre, cioè Figlio unico, nostro Signore. Non dobbiamo tuttavia intendere tale Verbo alla maniera delle nostre parole, le quali, una volta proferite dalla nostra bocca mediante la voce, passano attraverso l’aria percuotendola e non permangono più a lungo del tempo in cui risuonano. Quel Verbo invece rimane sempre, senza mutare : di lui infatti, allorché si parlava della Sapienza, fu detto: Pur rimanendo in se stessa, tutto rinnova 8. D’altra parte però è detto Verbo del Padre perché il Padre si manifesta mediante lui. Come dunque noi, con le nostre parole, facciamo in modo che, quando diciamo qualcosa di vero, il nostro animo si manifesti a chi ci ascolta e qualunque segreto nascondiamo nel nostro cuore, mediante tali segni, sia portato alla conoscenza altrui, così quella Sapienza che Dio Padre ha generato, poiché per mezzo suo vengono rivelati alle anime che ne sono degne i segreti più intimi del Padre, in modo del tutto appropriato è chiamata il suo Verbo.

394. (De Trin. XV 14,23). Il Verbo di Dio Padre è dunque il suo Figlio unigenito, in tutto simile e uguale al Padre, Dio da Dio, luce da luce, sapienza da sapienza, essenza da essenza; egli è assolutamente ciò che è il Padre, ma non è il Padre, perché questo è Figlio, quello Padre. Per questo conosce tutto ciò che conosce il Padre, ma per lui il conoscere viene dal Padre, come l’essere. Infatti in Dio conoscere ed essere sono una sola cosa. E dunque come il conoscere non viene al Padre dal Figlio, così nemmeno gli proviene l’essere. Pertanto è come “dicendo” se stesso che il Padre ha generato il Verbo, in tutto uguale a sé. Egli infatti non “avrebbe detto” interamente e perfettamente se stesso, se ci fosse nel suo Verbo qualcosa di meno o di più di ciò che c’è in lui.

395. (Con. Max. Arian. II 14,7). Ma tu affermi: Il Figlio ricevette la vita dal Padre. La ricevette come colui che è generato la riceve da chi genera. Per questo disse: Tutto quanto ha il Padre è mio 59. Dunque, tutte le cose che il Padre ha, questi le diede al Figlio generandolo, ed il Figlio le ricevette nascendo. Né il Padre perse ciò che aveva dandolo, né il Figlio, essendo e non avendo, ricevette. Ma, come il Padre, nel dare al Figlio tutto ciò che aveva, rimase in possesso di tutto, così il Figlio non rimase mai senza ciò che, non per necessità, ma per nascita ricevette in quanto Figlio, poiché mai poté essere non nato e sempre ebbe quelle cose senza le quali non sarebbe nato: è nato infatti immutabile, poiché è sempre nato.

396. (De Trin V 14,15). Nella mutua relazione all’interno della Trinità, se chi genera è principio in rapporto a ciò che egli genera, il Padre è principio in rapporto al Figlio, perché lo genera.

397. (De Trin. IX 11,16). E poiché la conoscenza rassomiglia a ciò che conosce, cioè a ciò di cui essa è conoscenza, ha una somiglianza perfetta e adeguata la conoscenza con cui lo spirito stesso, che conosce, conosce se stesso. Perciò è immagine e verbo, perché da esso è espressa, allorché nell’atto della conoscenza ad esso si eguaglia e ciò che è generato è uguale al generante.

398. ( De fide et symb. 3,3). Noi crediamo anche in Gesù Cristo, Figlio unigenito di Dio Padre, cioè Figlio unico, nostro Signore. Non dobbiamo tuttavia intendere tale Verbo alla maniera delle nostre parole, le quali, una volta proferite dalla nostra bocca mediante la voce, passano attraverso l’aria percuotendola e non permangono più a lungo del tempo in cui risuonano. Quel Verbo invece rimane sempre, senza mutare : di lui infatti, allorché si parlava della Sapienza, fu detto: Pur rimanendo in se stessa, tutto rinnova 8. D’altra parte però è detto Verbo del Padre perché il Padre si manifesta mediante lui. Come dunque noi, con le nostre parole, facciamo in modo che, quando diciamo qualcosa di vero, il nostro animo si manifesti a chi ci ascolta e qualunque segreto nascondiamo nel nostro cuore, mediante tali segni, sia portato alla conoscenza altrui, così quella Sapienza che Dio Padre ha generato, poiché per mezzo suo vengono rivelati alle anime che ne sono degne i segreti più intimi del Padre, in modo del tutto appropriato è chiamata il suo Verbo.

399. (In Io ev. tr. 14,7). Rivolgi l’attenzione al tuo cuore. Quando concepisci la parola che intendi pronunciare (parlo come posso di ciò che osserviamo in noi, non come riusciamo a comprenderlo), quando dunque concepisci la parola che intendi pronunciare, vuoi esprimere una cosa, e la concezione stessa della cosa nel tuo cuore è già parola: non è ancora venuta fuori, ma è già nata nel tuo cuore e sta per uscire…La parola che tu stai per pronunciare è presso di te, è nel tuo cuore dove spiritualmente l’hai concepita. La tua anima è spirito, e quindi anche la parola che tu hai concepito è spirituale: non ha ancora acquistato un suono da poterla dividere in sillabe, ma rimane come è stata concepita nel cuore e nello specchio della mente. E’ così che Dio ha concepito il suo Verbo, cioè ha generato suo Figlio. Con questa differenza, che tu, quando concepisci una parola nel tuo cuore sei legato al tempo che passa, mentre Dio ha generato fuori del tempo il Figlio per mezzo del quale creò tutti i tempi.

400. (De Trin. XV 10,19). Chiunque perciò può comprendere che cosa sia il verbo, non soltanto prima che risuoni al di fuori, ma anche prima che il pensiero si occupi delle immagini dei suoni (questo verbo infatti non appartiene ad alcuna lingua, a nessuna di quelle che chiamano “lingue delle genti”, tra le quali c’è anche la nostra lingua latina); chiunque, dico, può comprendere che cosa sia il verbo, può già vedere, per mezzo di questo specchio ed in questo enigma 108 una certa somiglianza di quel Verbo di cui è detto: In principio era il Verbo ed il Verbo era presso Dio 109. Infatti quando diciamo il vero, cioè ciò che sappiamo, è necessario che nasca dalla scienza che conserviamo nella nostra memoria un verbo che sia pienamente della stessa specie della scienza da cui è nato. Il pensiero che si è formato a partire da ciò che già sappiamo è il verbo che pronunciamo nel cuore: verbo che non è né greco, né latino, che non appartiene ad alcun’altra lingua; ma quando c’è bisogno di portarlo a conoscenza di coloro ai quali parliamo, si fa ricorso a qualche segno che lo esprima.

401. (De Trin. XV 11,20). Ecco perché chi desidera trovare una qualche rassomiglianza del Verbo di Dio, somiglianza d’altra parte con molte dissomiglianze, non deve considerare il nostro verbo che risuona agli orecchi, né quando lo proferiamo con la voce, né quando lo pensiamo in silenzio. Perché, anche silenziosamente, si possono pensare i suoni delle parole di tutti gli idiomi, e si possono recitare interiormente dei poemi, senza che si muovano le labbra; non soltanto i ritmi delle sillabe, ma anche le melodie dei canti, benché siano cose corporee ed appartengano a quel senso corporeo che si chiama udito, per mezzo di immagini corporee che li rappresentano sono presenti al pensiero di coloro che in silenzio fanno scorrere tutti questi ricordi. Ma bisogna superare tutto ciò per giungere a quel verbo umano che è una specie di somiglianza in cui possiamo vedere un po’, come in enigma 114, il Verbo di Dio, non quel verbo che è stato indirizzato a questo o a quel Profeta…Ma il Verbo di Dio che noi cerchiamo di vedere ora in qualche modo attraverso questa somiglianza è quello di cui è detto: Il Verbo era Dio 118; del quale è detto: Tutte le cose sono state fatte per mezzo di lui 119; di cui è detto: E il Verbo si è fatto carne 120;… Dobbiamo giungere dunque a quel verbo dell’uomo 122, a quel verbo di un essere dotato di anima razionale 123, a quel verbo dell’immagine di Dio – immagine non nata da Dio, ma creata da Dio 124 –, verbo che non è nemmeno proferito in un suono né pensato alla maniera di un suono – ché allora dovrebbe appartenere a qualche lingua –, ma che è anteriore a tutti i segni in cui viene espresso ed è generato dalla scienza immanente all’anima, quando questa stessa scienza si esprime in una parola interiore tale quale è. Infatti la visione del pensiero è in tutto simile alla visione della scienza…Dobbiamo giungere dunque a quel verbo dell’uomo 122, a quel verbo di un essere dotato di anima razionale 123, a quel verbo dell’immagine di Dio – immagine non nata da Dio, ma creata da Dio 124 –, verbo che non è nemmeno proferito in un suono né pensato alla maniera di un suono – ché allora dovrebbe appartenere a qualche lingua –, ma che è anteriore a tutti i segni in cui viene espresso ed è generato dalla scienza immanente all’anima, quando questa stessa scienza si esprime in una parola interiore tale quale è. Infatti la visione del pensiero è in tutto simile alla visione della scienza.

402. (De Trin. VII 6,12). Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza 73….Ma poiché questa immagine di Dio 75 non era del tutto uguale al suo modello, perché non è nata da Dio ma è stata creata da Lui, per significare questo è un’immagine che è “ad immagine di…”, ossia è un’immagine che non raggiunge il modello per l’uguaglianza, ma gli si accosta per una certa rassomiglianza 76….non uguale alla Trinità, come il Figlio al Padre, ma accostandosene per una certa rassomiglianza,

403 (De Trin. VII 2,3). Egli è Figlio per ciò per cui è Verbo, ed è Verbo per ciò per cui è Figlio.

CAPITOLO IV

Il Padre e il Figlio sono il principio dello Spirito Santo

SOMMARIO. Non si è discusso molto dello Spirito Santo: 404. Il Padre è la sorgente dello Spirito Santo. Dal Padre ascolta poiché da lui procede: 405-406. Viene chiamato anche Spirito del Figlio e anche Spirito del Padre, dunque procede anche dal Figlio. Il Figlio dà agli Apostoli lo Spirito Santo che procede dal Figlio: 407-411. Poiché il Figlio procede dal Padre come lo Spirito Santo, per deduzione e non esclusivamente, il Figlio dice che lo Spirito Santo procede dal Padre. Per la stessa ragione, Agostino asserisce che lo Spirito Santo procede “principaliter” dal Padre: 412-414. La processione dello Spirito Santo dal Padre e dal Figlio è senza tempo: 415. Il Padre e il Figlio non sono due principi; sono un solo principio dello Spirito Santo: 416-417. La divinità dello Spirito Santo segue per conseguenza: 418.

404. ( De fide et symb. 9, 19). Intorno allo Spirito Santo invece ancora non si è ricercato da parte dei dotti e dei grandi commentatori delle divine Scritture con tanta ampiezza e profondità, che si possa facilmente comprendere ciò che è suo proprio, e in virtù di cui avviene che non possiamo chiamarlo né Figlio né Padre, ma soltanto Spirito Santo.

405. (C. Max Arian. II 14,1). Deriva dal Padre il Figlio e dal Padre deriva lo Spirito Santo, ma quello per nascita, questo per processione; perciò quello è il Figlio del Padre dal quale è stato generato, questo invece è lo Spirito di entrambi, in quanto da entrambi procede. Per questo motivo, parlando dello Spirito Santo, il Figlio dice: Procede dal Padre 47, poiché autore di quella processione è il Padre, il quale generò tale Figlio e, generandolo, gli concesse che anche da lui procedesse lo Spirito Santo. Infatti, se non procedesse anche dal Figlio, questi non potrebbe dire ai discepoli: Ricevete lo Spirito Santo 48,… Dunque, è di entrambi lo Spirito, poiché procede da entrambi.

406. (In Io. Ev. tr. 99 ,4). E’ così che dobbiamo intendere quanto il Signore dice dello Spirito Santo, e cioè: Non parlerà da se stesso, ma dirà tutto quello che avrà udito: nel senso cioè che lo Spirito Santo non è da se stesso…Ora, siccome non è da se stesso ma da colui dal quale procede, deve anche la sua scienza a colui dal quale riceve l’essenza; e il suo ascoltare non è altro se non la sua scienza.

407. (In Io. Ev. tr. 99.6,7). Qui forse qualcuno si domanderà se lo Spirito Santo procede anche dal Figlio. Il Figlio infatti è Figlio solo del Padre, e il Padre è Padre solo del Figlio. Lo Spirito Santo, invece, non è lo Spirito soltanto di uno di essi, ma di entrambi. Ecco il Signore stesso che dice: Non siete voi che parlate, ma lo Spirito del Padre vostro che parla in voi (Mt 10, 20); e l’Apostolo: Iddio ha mandato lo Spirito del suo Figlio nei vostri cuori (Gal 4, 6). Esistono forse due Spiriti, uno del Padre e uno del Figlio? No di certo….Perché allora troviamo difficoltà a credere che lo Spirito Santo procede anche dal Figlio, dal momento che è lo Spirito anche del Figlio? Se infatti non procedesse anche dal Figlio, Cristo non avrebbe potuto, dopo la risurrezione, presentarsi ai suoi discepoli e alitare su di loro dicendo: Ricevete lo Spirito Santo (Gv 20, 22). Che altro significa infatti questo gesto, se non che lo Spirito Santo procede anche da lui?

408. (De Trin. IV 20,29). non possiamo dire che lo Spirito Santo non proceda anche dal Figlio. Non per nulla infatti il medesimo Spirito Santo è detto Spirito del Padre e del Figlio 164.

409. (De civ. Dei XI 24). Crediamo, accettiamo e fedelmente insegniamo…che lo Spirito Santo è insieme lo Spirito del Padre e del Figlio, anche egli consustanziale e coeterno ad entrambi.

410. (C. Max. Arian- II 14,1). Non ci sono infatti due Spiriti santi, come se ce ne fosse uno per ciascuno, uno per il Padre e uno per il Figlio, ma piuttosto uno solo per il Padre e per il Figlio

411. (C. Max, Arian. II 14,1). Infatti, se non procedesse anche dal Figlio, questi non potrebbe dire ai discepoli: Ricevete lo Spirito Santo 48, né potrebbe darlo loro soffiando su di essi; e per esprimere che procede anche da sé, il Figlio ha mostrato apertamente attraverso il soffio ciò che dava in segreto attraverso l’ispirazione.

412. (In Io. Ev. tr. 99,8). Se lo Spirito Santo, dunque, procede dal Padre e dal Figlio, perché il Figlio dice: procede dal Padre (Gv 15, 26)? Per quale motivo, credete voi, se non perché egli è solito riferire al Padre ciò che è anche suo, in quanto egli stesso è dal Padre? Di qui l’affermazione: La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato (Gv 7, 16). Se qui dobbiamo ritenere anche sua la dottrina che egli dice non essere sua ma del Padre, a maggior ragione si deve ritenere che lo Spirito Santo procede anche da lui, sebbene lui abbia detto: procede dal Padre, ma senza però aggiungere: e non procede da me. Il Padre dal quale il Figlio riceve il suo essere Dio (poiché egli è Dio da Dio), fa sì che anche da lui proceda lo Spirito Santo; lo Spirito Santo, a sua volta, ottiene dal Padre di procedere anche dal Figlio così come procede dal Padre.

413. (De Trin. XV 26,47). Se infatti tutto ciò che il Figlio ha, lo riceve dal Padre, riceve anche dal Padre di essere anch’egli principio da cui procede lo Spirito Santo…Il Figlio invece è nato dal Padre, e lo Spirito Santo procede, primariamente, dal Padre, e per il dono che il Padre ne fa al Figlio senza alcun intervallo di tempo, dal Padre e dal Figlio insieme 313.

.

414. (De Trin. XV 17, 29). E tuttavia non è senza motivo che in questa Trinità si chiama Verbo di Dio solo il Figlio, Dono di Dio lo Spirito Santo solo 178, e Dio Padre quello solo da cui è generato il Verbo e da cui procede primariamente lo Spirito Santo 179. Ho aggiunto “primariamente” perché si legge che lo Spirito Santo procede anche dal Figlio 180. Ma anche questo glielo ha dato il Padre, non dopo che già esisteva senza esserne in possesso, perché quanto ha dato al Verbo unigenito glielo ha dato generandolo. Egli lo ha dunque generato, in modo che il loro Dono comune procedesse anche dal Figlio e che lo Spirito Santo fosse lo spirito di ambedue.

415. (De Trin XV 26,47). Chiedersi se, quando il Figlio è nato, era già avvenuta la processione dello Spirito Santo dal Padre o se invece non era ancora avvenuta e, una volta nato il Figlio 309, lo Spirito Santo procedette dal Padre e dal Figlio, è cosa che può forse avere un senso, là dove non esiste affatto il tempo?…Ma non si possono più porre assolutamente simili domande a proposito di una realtà dove nulla incomincia nel tempo, per compiersi nel tempo che viene dopo. Di conseguenza colui che può comprendere la generazione intemporale del Figlio dal Padre, intenda la processione intemporale dello Spirito Santo da ambedue.

416. (De Trin. V 14,15). Dunque, se ciò che è dato ha come principio Colui che lo dà, perché questi non ha ricevuto da altri ciò che procede da Lui, bisogna ammettere che il Padre e il Figlio sono un solo principio dello Spirito Santo, non due princìpi; come il Padre ed il Figlio sono un solo Dio e nei riguardi della creazione un solo Creatore ed un solo Signore, così riguardo allo Spirito Santo sono un solo principio, e in rapporto alle creature il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono un solo principio, come sono un solo Creatore ed un solo Signore.

417. (De Trin VI 5,7). Per questo anche lo Spirito Santo sussiste insieme in questa medesima unità e uguaglianza di sostanza. Sia egli infatti l’unità delle due altre Persone, o la loro santità, o il loro amore, sia la loro unità perché è il loro amore, e sia il loro amore perché è la loro santità, è chiaro che non è affatto una delle due prime Persone, in cui si attua il vincolo della loro mutua unione, in cui il generato sia amato dal suo generante ed ami il suo generatore, in cui tutti e due conservino, non per partecipazione, ma per loro essenza, non per il dono di un essere superiore, ma per il dono di sé, l’unità di spirito nel vincolo della pace 26….

418. (Ep. 238,4,21). Lo Spirito Santo è dunque qualcosa di comune al Padre e al Figlio, qualsiasi cosa sia, o più precisamente la stessa comunione consustanziale ed eterna; se il nome di amicizia le si addice, la si chiami così, ma è più esatto chiamarla carità. Ed anche questa carità è sostanza, perché Dio è sostanza e Dio è carità 33, secondo la Scrittura. D’altra parte, come la carità è sostanza insieme con il Padre e con il Figlio così anche insieme è grande, buona, santa e tutto ciò che di Dio si dice in senso assoluto, perché per Dio è la stessa cosa essere ed essere grande o buono o gli altri attributi, come sopra abbiamo mostrato. Infatti se in lui la carità è meno grande della sapienza, la sapienza non è amata, tale quale è, ma la sapienza è uguale al Padre 34, come sopra abbiamo indagato; perciò è uguale anche lo Spirito Santo.

CAPITOLO V

Se lo Spirito Santo procede dalla sostanza, perché non è Figlio?

SOMMARIO. La questione è molto difficile: 419. La domanda: se procede dalla sostanza, perché non è Figlio? Sembra che sia impossibile risolvere il problema. Tuttavia ci sono alcune ragioni: a) Poiché procede da due, nessuno può nascere da due: 420-422. b) Perché procede come dato e come dono: 423-424. c) Perché, diversamente dal Verbo, lo Spirito Santo, come amore, non procede secondo la ragione formale dell’ immagine e perciò non per generazione: 425. Anche se lo Spirito Santo non viene detto generato, tuttavia non può dirsi in-generato: 426.

419. (De Trin. XV 27,48). è estremamente difficile distinguere la generazione dalla processione

420. ( C. Max. Arian. II 14,1). Tu mi domandi: Se il Figlio deriva dalla sostanza del Padre e anche lo Spirito Santo deriva dalla sostanza del Padre, perché uno deve essere il Figlio e l’altro no? Ecco, ti rispondo, che tu intenda o meno. Deriva dal Padre il Figlio e dal Padre deriva lo Spirito Santo, ma quello per nascita, questo per processione; perciò quello è il Figlio del Padre dal quale è stato generato, questo invece è lo Spirito di entrambi, in quanto da entrambi procede…Inoltre, se fosse nato, non sarebbe nato soltanto dal Padre né soltanto dal Figlio, ma da entrambi, per cui verrebbe senza dubbio detto figlio di entrambi. E posto che in nessun modo è figlio di entrambi, non era possibile che nascesse da entrambi. Dunque, è di entrambi lo Spirito, poiché procede da entrambi. Ma che differenza vi sia tra il nascere e il procedere, chi lo può spiegare parlando di quella natura eccellentissima? Non tutto ciò che procede nasce, sebbene proceda tutto ciò che nasce, così come non tutto ciò che è bipede è uomo, sebbene sia bipede chiunque sia uomo. Questo lo so; invece non so, non sono in grado, non ho le forze per distinguere tra quella generazione e questa processione. E per il fatto che entrambe sono ineffabili, come il Profeta, parlando del Figlio, dice: Chi narrerà la sua generazione? 49, così con assoluta veridicità si deve dire dello Spirito Santo: ” Chi narrerà la sua processione? “. Ci basti dunque il fatto che, poiché non deriva da sé il Figlio, ma da colui dal quale è nato, non deriva da se stesso lo Spirito Santo, ma da colui dal quale procede.

421. (De Trin. XV 26,47). Si direbbe che lo Spirito Santo è Figlio del Padre e del Figlio, se – cosa che respinge spontaneamente il buonsenso – lo avessero ambedue generato. Non è dunque generato dal Padre e dal Figlio lo Spirito di tutti e due, ma procede dall’uno e dall’altro.

422. (In Io ev. tr. 99,9). Qui si comprende in qualche modo, quanto è a noi possibile, per qual motivo non si dice che lo Spirito Santo è nato, ma che procede. Infatti se anche lo Spirito Santo venisse chiamato Figlio, si dovrebbe dire che esso è Figlio di entrambi, il che sarebbe evidentemente assurdo: nessuno può essere figlio di due, che non siano il padre e la madre. Lungi da noi immaginare qualcosa di simile tra Dio Padre e Dio Figlio. E neppure, del resto, tra gli uomini un figlio procede simultaneamente dal padre e dalla madre; ma, quando, nella concezione, dal padre passa alla madre, allora non procede dalla madre, e quando dalla madre viene dato alla luce, allora non procede dal padre. Lo Spirito Santo, invece, non procede dal Padre nel Figlio e poi dal Figlio non procede a santificare le creature, ma procede simultaneamente da entrambi, sebbene sia stato il Padre a dire al Figlio di far procedere da se stesso lo Spirito Santo così come procede dal Padre. Non possiamo perciò fare a meno di riconoscere che lo Spirito Santo è vita, essendo vita il Padre e vita il Figlio. Come dunque il Padre, che ha la vita in se stesso, ha dato al Figlio di avere anche lui la vita in se stesso, così gli ha dato di far procedere la vita da sé,

423. (De Trin. V 14,15). Nella mutua relazione all’interno della Trinità, se chi genera è principio in rapporto a ciò che egli genera, il Padre è principio in rapporto al Figlio, perché lo genera. Ma non è questione di poco conto chiarire se il Padre sia principio ugualmente in rapporto allo Spirito Santo, perché la Scrittura dice dello Spirito Santo: Procede dal Padre 51. Se infatti lo è, il Padre non è più soltanto principio di ciò che genera o fa, ma anche di ciò che Egli dà. E qui si trova un po’ di luce sulla questione che suole preoccupare molti, cioè: perché anche lo Spirito Santo non è figlio, dato che anch’egli esce dal Padre, come si legge nel Vangelo 52? Certo egli esce dal Padre, ma come dono, non come nato e perciò non si chiama figlio perché né è nato come l’Unigenito, né è stato fatto, come noi, per nascere in virtù della grazia quali figli adottivi 53. Ciò che è nato dal Padre dice relazione, secondo l’espressione “Figlio”, solo al Padre e perciò si tratta del Figlio del Padre e non anche nostro 54. Ma ciò che è stato dato, dice relazione a Colui che ha dato e a coloro ai quali l’ha dato. Per questo lo Spirito Santo è detto non soltanto Spirito del Padre e del Figlio, che lo hanno dato, ma anche nostro, perché lo abbiamo ricevuto 55…ciò che è dato ha come principio Colui che lo dà

424. (De Trin. V 15,16). Ma, per penetrare più in profondità ci si chiede se, come il Figlio deve alla sua nascita non solo di essere Figlio, ma di essere semplicemente, così lo Spirito Santo debba al fatto di essere dato non soltanto l’essere dono, ma l’essere semplicemente, e se di conseguenza fosse prima di essere dato, ma senza essere dono, oppure se per il fatto stesso che Dio l’avrebbe dato, fosse già dono prima di essere dato. Ma se non procede che quando è dato e non procederebbe certo prima che esista qualcuno al quale darlo, come poteva egli esistere sostanzialmente, se non a condizione di essere dato, come il Figlio deve alla sua nascita non solo l’essere figlio, appellativo che appartiene all’ordine della relazione, ma l’essere sostanzialmente? O forse lo Spirito Santo procede sempre e non nel tempo, ma dall’eternità? Ma allora, poiché procedeva per essere dato, era già dono, prima che esistesse qualcuno al quale darlo 63? Infatti una cosa si intende quando si dice “dono”, un’altra quando si dice “donato”. Perché vi può essere un dono anche prima che sia stato donato, ma non si può parlare assolutamente di “donato”, senza che il dono sia stato effettivamente fatto 64.

425. (De Trin. XV 27.50). O tu, anima mia, dove ti senti di essere, dove giaci, dove stai, in attesa che Colui che si è fatto propizio a tutte le tue iniquità guarisca le tue infermità 319? Senza dubbio riconosci di essere in quella locanda in cui il Samaritano condusse colui che trovò semivivo con il corpo coperto di numerose ferite inflittegli dai ladroni 320. E tuttavia tu hai visto molte verità, non con quegli occhi che vedono i corpi colorati, ma con quelli per i quali pregava colui che diceva: I miei occhi vedano la giustizia 321. Sì, tu hai visto molte verità, e le hai distinte da quella luce che ti ha illuminato per fartele vedere; eleva ora gli occhi verso quella luce e fissali su di essa, se puoi. Così infatti vedrai che differenza vi sia tra la nascita del Verbo e la processione del Dono di Dio, differenza per cui il Figlio unigenito ha detto che lo Spirito Santo 322 non è generato dal Padre (altrimenti sarebbe suo fratello) ma ne procede. Per questo, essendo lo Spirito di ambedue come comunione consustanziale dell’uno e dell’altro, non si dice – sarebbe sacrilegio il dirlo – che è figlio di tutti e due. Ma per vedere chiaramente e perspicuamente questo mistero, tu non puoi fissare là il tuo sguardo; lo so, non lo puoi. Dico il vero, lo dico a me stesso; so ciò che non posso. Ma quella luce ti ha fatto vedere in te quelle tre potenze, in cui puoi riconoscere te come l’immagine di quella stessa suprema Trinità che sei ancora incapace di contemplare tenendo fisso su di essa il tuo sguardo. Essa ti ha fatto vedere che c’è in te un verbo vero, quando è generato dalla tua scienza, cioè quando diciamo ciò che sappiamo, sebbene non pronunciamo né pensiamo alcuna parola comprensibile di alcuna lingua umana, ma invece il nostro pensiero prende forma da ciò che sappiamo e nello sguardo di colui che pensa l’immagine della conoscenza è esattamente simile a quella contenuta nella memoria, essendo questi due termini, come generante e come prole, uniti dalla volontà o dilezione che costituisce il terzo termine. Ma che questa volontà proceda dalla conoscenza (nessuno infatti vuole ciò di cui ignora totalmente la natura e la qualità) senza essere tuttavia l’immagine della conoscenza e che perciò in questa realtà intelligibile sia suggerita una certa differenza tra nascita e processione, perché non è la stessa cosa vedere con il pensiero e desiderare o anche fruire con la volontà, lo vede e lo discerne chi lo può. L’hai potuto anche tu, sebbene non abbia potuto e non possa spiegare con linguaggio adeguato ciò che tra le nebbie delle immagini corporee, che non cessano di addensarsi sul pensiero umano, hai solo intravisto.

426. (De Trin. XV 26,47). Come, allora, non sarebbe il colmo dell’assurdità il dire che lo Spirito Santo è il Figlio delle due altre Persone, dato che se è per generazione che il Padre comunica al Figlio la sua essenza senza inizio di tempo, senza alterazione di natura, è per processione che il Padre e il Figlio comunicano allo Spirito Santo la loro essenza senza alcun inizio di tempo, senza alcuna alterazione di natura? Se dunque non diciamo che lo Spirito Santo è generato, non osiamo tuttavia dire che è ingenerato, per timore che questa parola faccia supporre che ci sono due padri nella Trinità, o due persone che non hanno origine da un’altra. Solo il Padre infatti non ha origine da un’altra Persona, perciò solo lui è chiamato ingenerato,… Il Figlio invece è nato dal Padre, e lo Spirito Santo procede, primariamente, dal Padre, e per il dono che il Padre ne fa al Figlio senza alcun intervallo di tempo, dal Padre e dal Figlio insieme 313. Si direbbe che lo Spirito Santo è Figlio del Padre e del Figlio, se – cosa che respinge spontaneamente il buonsenso – lo avessero ambedue generato. Non è dunque generato dal Padre e dal Figlio lo Spirito di tutti e due, ma procede dall’uno e dall’altro.

CAPITOLO VI

Le relazioni divine

SOMMARIO. L’ importanza di questa indagine deriva dalla necessità di rispondere alla domanda dei non credenti: perché tre?: 427. Agostino trasmette e illustra la nozione di relazione. La relazione non esprime la natura ma le persone, una verso l’ altra: 428. L’ essenza è il principio dell’ unità divina; la relazione è il principio della pluralità delle persone: 429. Con i nomi di Padre, Figlio e Spirito Santo si vuole significare l’ atteggiamento reciproco non la natura per cui sono una sola cosa. Infatti enumera quattro relazioni nella Trinità. Aggiunge la relazione delle Trinità di perone ad extra: 430-433. Non deve preoccupare molto che non si trovi un parola per esprimere la relazione dello Spirito Santo: 434. L’ obiezione degli Ariani: 435. Risponde Agostino che alcune cose si dicono di Dio in modo relativo. Questa relazione essendo eterna e immutabile, non è un accidente: 436. Analizza in profondità le cose che vengono dette in modo relativo o assoluto della Trinità: 437-438.

427. (In Io. Ev. tr. 39,3-4). Accade che gli infedeli ci chiedano: quello che voi chiamate Padre, dite che è Dio? E’ Dio, rispondiamo. Quello che voi chiamate Figlio, è Dio? Sì, è Dio. Quello che voi chiamate Spirito Santo, è Dio? E’ Dio, rispondiamo ancora. Allora, essi dicono, il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo sono tre dèi? No, rispondiamo noi. Rimangono sconcertati, perché non sono illuminati; hanno il cuore chiuso, perché non possiedono la chiave della fede. Noi invece, o fratelli, guidati dalla fede, che risana l’occhio del nostro cuore, accogliamo senza oscurità ciò che intendiamo; crediamo senza esitazione ciò che non intendiamo; e non ci scostiamo dal fondamento della fede per poter giungere al vertice della perfezione. E’ Dio il Padre, Dio il Figlio, Dio lo Spirito Santo; e tuttavia il Padre non è il Figlio, né il Figlio è il Padre, e neppure lo Spirito Santo del Padre e del Figlio è il Padre o il Figlio. La Trinità è un solo Dio, una sola eternità, una sola potestà, una sola maestà; tre, ma non tre dèi. E non venga a dirmi l’eretico: Allora perché tre? Se sono tre, devi dirmi chi sono. Rispondo: il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo. Ecco, insiste, se sono tre, spiegami: tre di che cosa? Ed io rispondo: Intanto cerca tu di contare; perché io arrivo a tre dicendo: Padre e Figlio e Spirito Santo. Considerato il Padre in sé, egli è Dio; in relazione al Figlio è Padre. Il Figlio in sé è Dio, in relazione al Padre è Figlio…4. Ciò che dico potete riscontrarlo nelle cose di tutti i giorni. Prendete due individui, di cui uno sia padre e l’altro figlio; il primo è uomo in se stesso ed è padre in relazione al figlio; così il figlio è uomo in se stesso ed è figlio in relazione al padre. Il nome padre infatti dice relazione ad un altro, e così il nome figlio; però ambedue sono uomini. Orbene, Dio Padre, è Padre in relazione ad un altro, al Figlio; e Dio Figlio è Figlio in relazione ad un altro, cioè al Padre; questi però non sono due dèi, come quelli sono due uomini. Perché qui non è la stessa cosa che là? Perché là si tratta di una cosa e qui di un’altra, come è appunto la divinità….Ma che cosa sono questi tre, il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo? Non sono tre dèi? No. Non sono tre onnipotenti? No….un solo onnipotente…un solo onnipotente. Il numero serve soltanto a indicare i loro rapporti reciproci, non ciò che sono in sé. Il Padre in sé è Dio assieme al Figlio e allo Spirito Santo, ma non sono tre dèi; egli è in sé onnipotente assieme al Figlio e allo Spirito Santo, ma non sono tre onnipotenti. Siccome, però, non è Padre in sé ma in relazione al Figlio; e il Figlio non è Figlio in sé ma in relazione al Padre; e lo Spirito non è Spirito in sé ma in quanto è lo Spirito del Padre e del Figlio, non si può dire che sono tre, ma solo che il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo sono un solo Dio, un solo onnipotente.

428. (Ep. 170,6). Questi sono termini di parentela, non di natura, e perciò si riferiscono ad altra cosa e si chiamano ” relativi “: talvolta sono identici, talvolta diversi. Sono identici, quando fratello si rapporta a fratello, amico ad amico, vicino a vicino, cognato a cognato,.. In esse il primo termine è in rapporto al secondo, come il secondo lo è al primo. Sono nomi di parentela diversi invece questi altri, che indicano relazioni di padre a figlio; di figlio a padre, di suocero a genero, di genero a suocero,… In questi casi il primo non è in rapporto al secondo, come il secondo lo è al primo, ma nondimeno sono entrambi uomini; è la relazione ad esser diversa, non la natura. Se consideri ciò che rappresenta l’uno per l’altro, il rapporto del primo rispetto al secondo non è lo stesso del secondo rispetto al primo, giacché l’uno è padre e l’altro è figlio, o l’uno è suocero e l’altro è genero,… Se invece consideri ciò che è ciascuno rispetto a se stesso o in se stesso, troverai che l’uno e l’altro sono identici, poiché uomo è l’uno e uomo è l’altro. Già la tua Prudenza intende che non parlano secondo ragione gli Ariani, dal cui errore il Signore ti ha liberato, quando affermano che la natura di Dio Padre e quella di Dio Figlio è diversa, perché l’uno è il Padre, l’altro il Figlio: e che Dio Padre non generò ciò che egli stesso non avendo generato il Padre del suo Figlio, come egli è rispetto al Figlio. Chi non vede che questi termini non indicano le nature in se stesse, ma indicano le persone e la relazione dell’una con l’altra?

429. ( De Trin. VII 6,12). Io e il Padre siamo una sola cosa 71. Da una parte il Signore dice: una sola cosa, dall’altra siamo; una sola cosa, secondo l’essenza, perché sono un unico Dio; siamo secondo la relazione perché il primo è Padre, l’altro Figlio. A volte è passata sotto silenzio l’unità dell’essenza e sono menzionate solo le relazioni al plurale: Io e il Padre verremo a lui e dimoreremo presso di lui 72. Verremo e dimoreremo sono al plurale perché prima aveva detto: Io e il Padre, cioè il Figlio e il Padre, termini indicanti mutua relazione. A volte le relazioni sono designate in maniera del tutto velata, come nel Genesi: Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza 73. Facciamo e nostra è un plurale che si deve intendere soltanto nel senso delle relazioni.

430. (ib. 1,2). Tutte le cose che vengono dette relative, sono dette “ad invicem”.

431. (Ep. 238,214). Certi individui…preferiscono trasferire alla natura divina (di Cristo) ciò che la Scrittura afferma della natura umana e al contrario i termini, che la Scrittura usa per indicare le mutue relazioni che intercorrono tra le persone divine, sostengono che stiano a indicare la natura e la sostanza. La nostra fede consiste nel credere e professare che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono un solo Dio, non già nel chiamare Padre colui ch’è il Figlio né Figlio colui ch’è il Padre né Padre o Figlio colui ch’è lo Spirito Santo del Padre e del Figlio. Con questi termini s’indicano le relazioni vicendevoli delle tre persone divine tra loro, non già la natura in virtù della quale sono un solo Dio. Mi spiego: quando si dice Padre, non lo si dice se non di un Figlio e il Figlio non s’intende che di un Padre, e lo Spirito, come termine relativo ad altro, è lo Spirito di qualcuno ch’è Spirante e questo è naturalmente colui dal quale procede lo Spirito.

432. (De civ. Dei XI 10,1). si considera semplice perché in lei essere ed avere si identificano, salvo che le persone si dicono in senso relativo l’una dell’altra. Infatti il Padre ha certamente il Figlio ma non egli è il Figlio, il Figlio ha il Padre ma non egli è il Padre. Dunque in base agli attributi che si dicono in senso assoluto e non relativo, in Dio si identificano essere e avere. Ad esempio, in senso assoluto si dice vivo perché ha la vita, ma egli è la sua stessa vita.

433. /De Trin. VIII proemium, 1). Abbiamo detto altrove 1 che nella Trinità si applicano in maniera propria e distinta a ciascuna delle Persone i nomi che implicano mutua relazione, come Padre, Figlio e Spirito Santo, Dono 2 di ambedue, perché il Padre non è la Trinità, il Figlio non è la Trinità, né la Trinità è il loro Dono. Invece quando si esprime ciò che sono le Persone, considerate ciascuna in se stessa, non si parla di tre al plurale, ma vi è una sola realtà: la stessa Trinità. Così il Padre è Dio, il Figlio è Dio, lo Spirito Santo è Dio; il Padre è buono, il Figlio è buono, lo Spirito Santo è buono; il Padre è onnipotente, il Figlio è onnipotente, lo Spirito Santo è onnipotente. Tuttavia non vi sono tre dèi, tre buoni, tre onnipotenti, ma un solo Dio, buono, onnipotente 3: la Trinità stessa. E così si dica di qualsiasi altro attributo, che non si applichi alle Persone considerate nelle loro relazioni, ma a ciascuna Persona considerata in se stessa. Questi attributi infatti concernono l’essenza, perché in Dio è la stessa cosa essere ed essere grande, buono, sapiente e tutto ciò che si afferma di ciascuna Persona considerata in se stessa o della Trinità.

434. (De Trin. V 12,13). Non c’è da sorprendersi che lo Spirito Santo, non inteso come la stessa Trinità, ma in senso relativo come una persona della Trinità, non abbia il suo vocabolo correlativo. Noi infatti diciamo servo del padrone e padrone del servo, figlio del padre e padre del figlio, perché questi sono termini correlativi. Ma in questo caso non possiamo esprimerci così. Diciamo infatti Spirito Santo del Padre 39, ma non in senso inverso Padre dello Spirito Santo, perché non si creda che lo Spirito Santo è figlio di Lui. Così pure diciamo Spirito Santo del Figlio 40, ma non diciamo Figlio dello Spirito Santo, affinché non si consideri lo Spirito Santo padre di lui. In molti relativi accade di non trovare alcun termine che esprima il legame reciproco delle realtà relative. C’è per caso un termine più chiaramente relativo di pegno? Un pegno si riferisce evidentemente alla cosa di cui è pegno, e il pegno è sempre pegno di qualche cosa. Ora se noi diciamo pegno del Padre e del Figlio 41, possiamo anche dire inversamente Padre del pegno e Figlio del pegno? Altrettanto quando diciamo del Padre e del Figlio, certo non possiamo dire Padre del dono e Figlio del dono, ma perché vi sia una corrispondenza reciproca diciamo dono del donatore e donatore del dono; in questo caso infatti si può trovare un’espressione corrente; nell’altro caso, no.

435. ib. 3,4). nostra fede anche su queste questioni in cui né l’espressione eguaglia il pensiero, né il pensiero la realtà. Fra i tanti argomenti che gli Ariani sogliono contrapporre alla fede cattolica ve n’è uno che essi sembrano considerare come l’espediente più ingegnoso. È quando dicono: “Quanto si enuncia o si pensa di Dio, si predica non in senso accidentale, ma in senso sostanziale. Perciò il Padre possiede l’attributo di ingenerato secondo la sostanza, come anche il Figlio possiede secondo la sostanza l’attributo di generato. Ma non è la stessa cosa essere ingenerato ed essere generato. Di conseguenza la sostanza del Padre e la sostanza del Figlio sono differenti” 8.

436. (ib. 5,6). . Nelle cose create e mutevoli, ciò che non si predica in senso sostanziale, non può venir predicato che in senso accidentale. In esse è accidente tutto ciò che può scomparire o diminuire: le dimensioni, le qualità e le relazioni, come le amicizie, parentele, servitù, somiglianze, uguaglianze e le altre cose di questo genere; la posizione, il modo di essere, lo spazio e il tempo, l’azione e la passione 12. Ma in Dio nulla si predica in senso accidentale, perché in Lui nulla vi è di mutevole; e tuttavia non tutto ciò che si predica, si predica in senso sostanziale. Infatti si parla a volte di Dio secondo la relazione 13; così il Padre dice relazione al Figlio e il Figlio al Padre, e questa relazione non è accidente, perché l’uno è sempre Padre, l’altro sempre Figlio. Sempre non nel senso che il Padre non cessi di essere Padre dal momento della nascita del Figlio, o perché da questo momento il Figlio non cessa mai di essere Figlio, ma nel senso che il Figlio è nato da sempre e non ha mai cominciato ad essere Figlio.

437. (De Trin VII 1-2,2-3). Questa discussione è nata dall’affermazione della Scrittura: Cristo è la forza di Dio e la sapienza di Dio 7. Il nostro modo di esprimerci è per questo fatto come chiuso nella morsa di precise alternative, quando intendiamo esprimere l’ineffabile: o negare che Cristo sia la forza di Dio e la sapienza di Dio, e così metterci in opposizione con l’affermazione dell’Apostolo, ciò che costituisce un’impudenza e un’empietà; oppure ammettere che Cristo è la forza di Dio e la sapienza di Dio, ma senza affermare che il Padre sia padre della sua forza e della sua sapienza, cosa non meno empia, perché allora egli non sarebbe padre nemmeno di Cristo, poiché Cristo è la forza di Dio e la sapienza di Dio; o riconoscere che il Padre non è potente per la sua forza, né sapiente per la sua sapienza (ma chi oserà dirlo?); ovvero pensare che nel Padre essere ed essere sapiente siano cose diverse in modo che sia diverso ciò per cui egli è e ciò per cui è sapiente, come si pensa comunemente dell’anima che è talvolta insensata, altra volta sapiente alla maniera di una sostanza mutevole e non sommamente e perfettamente semplice; oppure ammettere che il Padre non è una realtà assoluta e che non solo in quanto è Padre, ma in quanto semplicemente esiste è relativo al Figlio.

438. (ib. 2,3). Tuttavia il Padre e il Figlio non sono entrambi insieme un solo Verbo, perché non sono entrambi insieme un solo Figlio. Infatti allo stesso modo che “Figlio” dice relazione al Padre e non ha un senso assoluto, così pure, quando si parla di Verbo, Verbo dice relazione a Colui di cui è Verbo. Egli è Figlio per ciò per cui è Verbo, ed è Verbo per ciò per cui è Figlio. Poiché dunque il Padre e il Figlio non sono evidentemente entrambi insieme un solo Figlio, ne consegue che il Padre e il Figlio non sono tutti e due insieme un solo Verbo. E perciò non vi è Verbo per il fatto che c’è sapienza, perché “verbo” non è termine assoluto, ma soltanto relativo a colui di cui è verbo, come Figlio a Padre, mentre invece vi è sapienza per il fatto stesso per cui vi è essenza. Perciò in quanto vi è un’essenza, vi è una sapienza. Tuttavia, poiché anche il Verbo è sapienza, ma non Verbo, per la stessa ragione che è sapienza – Verbo infatti s’intende relativamente, sapienza essenzialmente – quando si dice Verbo lo dobbiamo prendere come equivalente a sapienza nata 12, nello stesso senso di Figlio ed Immagine 13. E nell’espressione sapienza nata, il termine nata lo indica come Verbo, come Immagine, come Figlio; tutti vocaboli non assoluti, ma relativi, mentre il termine “sapienza” che è anche assoluto, essendo sapienza per se stessa, indica pure l’essenza e l’identità tra l’essenza e la sapienza 14. Presi dunque insieme il Padre e il Figlio sono una stessa sapienza, perché una stessa essenza, e presi singolarmente il Figlio è sapienza da sapienza, come essenza da essenza. Non si deve dunque pensare che, perché il Padre non è il Figlio, e il Figlio non è il Padre, o perché l’uno non è generato e l’altro è generato, per questo essi non sono una stessa essenza: i nomi di Padre e di Figlio indicano le loro relazioni, ma ambedue sono insieme una sola sapienza, una sola essenza, perché in essi si identificano essere ed essere sapiente. Tuttavia non sono entrambi insieme Verbo o Figlio perché non è la stessa cosa essere ed essere Verbo o Figlio, in quanto già abbiamo sufficientemente mostrato il senso relativo di questi termini.

CAPITOLO VII

Le operazioni ad extra sono comuni alle tre persone divine

SOMMARIO. Un solo Dio, un solo Creatore: 439. Una sola volontà nella Trinità, in conseguenza di una sola natura: 440-441. Non due o tre principi relativamente alla creatura, ma un principio, poiché tra loro non vi è alcuna opposizione di relazioni: 442-443. Anche ciò che appartiene ad una delle persone, come la carne del Figlio, la voce del Padre, la specie della colomba, appartiene a tutta la Trinità. Però per quanto si sia incarnato solo il Figlio, all’ operazione hanno cooperato il Padre e lo Spirito Santo: 444-447. Tra le facoltà dell’ anima si trova una certa similitudine: 448.

439.(C. S. Arian. 3,4). Dicono: E prima di fare ogni cosa, fu costituito Dio e Signore di tutto, re e creatore, dotato nella sua natura di prescienza del futuro e nel creare in tutto ligio al mandato del Padre; per volontà e comando del Padre discese dal cielo e venne in questo mondo, come egli stesso dice:Infatti non sono venuto da me stesso, ma Lui mi ha mandato” 5. Vorrei che costoro mi dicessero se ammettono due creatori. Ma non osano farlo; infatti uno solo è il creatore, poiché da lui, grazie a lui e per lui sono tutte le cose 6; e certamente un solo Dio è la stessa Trinità, e come c’è un solo Dio, così c’è un solo creatore. Cos’è ciò che dicono quando affermano che su comando del Padre il Figlio ha creato ogni cosa, come sostenendo che il Padre non ha creato, ma ha ordinato al Figlio di creare? Pensino, coloro che sentono carnalmente, con quali altre parole il Padre ha ordinato al suo unico Verbo. Nella finzione del loro cuore, infatti, formano quasi due soggetti, uno accanto all’altro, occupando ciascuno il loro posto, uno che dà ordini, l’altro che obbedisce. Non capiscono che lo stesso comando del Padre di creare ogni cosa non è se non il Verbo del Padre, per mezzo del quale tutte le cose sono state create.

440. (De symb. S. ad catec. 2,3). Unica è la volontà del Padre e del Figlio perché unica è la natura. Non si può infatti fare una separazione neanche minima tra la volontà del Figlio e la volontà del Padre, come da Dio a Dio: sono ambedue lo stesso Dio. Non c’è un Onnipotente e un altro Onnipotente. Sono ambedue lo stesso Onnipotente.

441. ( C. Max. II 10,2). Tre infatti sono le persone, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, e questi tre, in quanto sono di un’unica sostanza, sono una cosa sola, e lo sono al più alto grado, non essendovi in essi alcuna differenza di nature né di volontà. Se poi fossero una sola cosa per natura e non lo fossero per consonanza di volontà, non lo sarebbero al più alto grado; se invece fossero impari per natura, non sarebbero una sola cosa.

442. (De Trin. V 13,14). Dunque il Padre è chiamato così in senso relativo, pure in senso relativo è chiamato principio…Ma lo si chiama Padre in relazione al Figlio, principio invece in rapporto a tutto ciò che da lui proviene…Il Figlio si chiama anche principio. Infatti alla domanda: Tu chi sei? rispose: Il principio, io che parlo a voi 42….Evidentemente dicendo di essere principio ha voluto rivelarsi quale Creatore,… Così quando noi chiamiamo il Padre principio 43, e principio il Figlio 44, non intendiamo dire che vi siano due principi della creazione, perché il Padre e il Figlio in ordine alla creazione sono insieme un solo principio, un Creatore unico 45 ed un Dio unico….non possiamo negare che sia esatto chiamare principio anche lo Spirito Santo, in quanto non gli rifiutiamo l’appellativo di Creatore…Del resto se ci si interroga sullo Spirito Santo singolarmente, rispondiamo con tutta verità che è Dio e un solo Dio 50, con il Padre e il Figlio. Perciò in rapporto alla creatura Dio è considerato un principio unico, non due o tre princìpi.

443. (C. S. Arian. 15). Le cose che fa il Padre, le medesime le fa ugualmente il Figlio 69. Questa frase è del Vangelo, di conseguenza proferita dalla bocca dello stesso Figlio. Non sono dunque diverse le opere del Padre e del Figlio, ma le medesime; né sono fatte dal Figlio diversamente, ma ugualmente. Ma dato che il Figlio non fa altre opere somiglianti, ma le stesse che fa il Padre, cosa significa ugualmente se non con identica facilità e con identico potere? Se infatti, in verità, entrambi fanno le medesime cose, ma uno le facesse con più facilità e potere dell’altro, certamente il Figlio non le farebbe ugualmente. Però, dal momento che fa le medesime opere e le fa ugualmente, certamente non sono diverse le opere del Figlio e del Padre, né diverso è il potere di coloro che operano. Né di certo operano senza lo Spirito Santo; e infatti lo Spirito in alcun modo potrà essere separato dagli altri due nelle opere che devono fare entrambi. Così, in un modo mirabile e divino, tutti fanno le opere di tutti, e tutti fanno anche le opere di ciascuno. Infatti il cielo, la terra e ogni creatura sono opere di tutti. Del Figlio infatti si dice: Tutto è stato fatto per mezzo di lui 70. Chi poi oserebbe sottrarre l’opera di qualsiasi creatura allo Spirito Santo, che si caratterizza per concedere doni ai santi, di cui sta scritto: Ma tutte queste cose è l’unico e il medesimo Spirito che le opera, distribuendole a ciascuno come vuole 71? Infine, essendo Cristo Signore di tutto 72 e Dio benedetto sopra ogni cosa nei secoli 73, quale opera fra tutte può essere negata allo Spirito Santo, il quale ha formato lo stesso Cristo nel seno della Vergine? Infatti, quando la Vergine disse all’angelo che le annunziava il suo futuro parto: Come è possibile? Non conosco uomo, ricevette come risposta: Lo Spirito Santo scenderà su di te 74.

444. (ib. 15). Le cose che fa il Padre, le medesime le fa ugualmente il Figlio 69. Questa frase è del Vangelo, di conseguenza proferita dalla bocca dello stesso Figlio. Non sono dunque diverse le opere del Padre e del Figlio, ma le medesime; né sono fatte dal Figlio diversamente, ma ugualmente. Ma dato che il Figlio non fa altre opere somiglianti, ma le stesse che fa il Padre, cosa significa ugualmente se non con identica facilità e con identico potere? Se infatti, in verità, entrambi fanno le medesime cose, ma uno le facesse con più facilità e potere dell’altro, certamente il Figlio non le farebbe ugualmente. Però, dal momento che fa le medesime opere e le fa ugualmente, certamente non sono diverse le opere del Figlio e del Padre, né diverso è il potere di coloro che operano. Né di certo operano senza lo Spirito Santo; e infatti lo Spirito in alcun modo potrà essere separato dagli altri due nelle opere che devono fare entrambi. Così, in un modo mirabile e divino, tutti fanno le opere di tutti, e tutti fanno anche le opere di ciascuno. Infatti il cielo, la terra e ogni creatura sono opere di tutti. Del Figlio infatti si dice: Tutto è stato fatto per mezzo di lui 70. Chi poi oserebbe sottrarre l’opera di qualsiasi creatura allo Spirito Santo, che si caratterizza per concedere doni ai santi, di cui sta scritto: Ma tutte queste cose è l’unico e il medesimo Spirito che le opera, distribuendole a ciascuno come vuole 71? Infine, essendo Cristo Signore di tutto 72 e Dio benedetto sopra ogni cosa nei secoli 73, quale opera fra tutte può essere negata allo Spirito Santo, il quale ha formato lo stesso Cristo nel seno della Vergine? Infatti, quando la Vergine disse all’angelo che le annunziava il suo futuro parto: Come è possibile? Non conosco uomo, ricevette come risposta: Lo Spirito Santo scenderà su di te 74….Tuttavia la Trinità intera fece quella carne del solo Figlio, quella voce del solo Padre e quella forma del solo Spirito Santo 76; non perché ciascuno preso singolarmente sarebbe incapace senza gli altri di realizzare quello che deve operare, ma perché l’operazione non può essere separata, quando non solo la natura è uguale, ma anche indivisa….infatti, l’intera Trinità è un solo Dio.

445. (Serm. 71,16,26). A questo punto qualcuno forse dirà che lo Spirito Santo anziché compiere qualcosa di propria volontà è dato piuttosto dal Padre o dal Figlio e a questo fatto si riferirebbe l’asserzione: Io scaccio i demoni grazie allo Spirito Santo 100 per il motivo che non farebbe ciò lo Spirito ma Cristo per opera dello Spirito. In tal modo l’asserzione: Io scaccio i demoni nello Spirito dovrebbe intendersi come se l’espressione equivalesse a: “li scaccio per mezzo dello Spirito”. Perché le Scritture sono solite esprimersi così: Uccisero nella spada 101, cioè “con la spada”. Incendiarono nel fuoco 102, cioè “col fuoco”; e così: Giosuè prese dei coltelli di selce nei quali circoncidere gl’Israeliti 103, cioè “con i quali circoncidere gl’Israeliti”. Orbene, coloro che per questo motivo sottraggono allo Spirito Santo il suo potere personale, devono considerare l’asserzione fatta dal Signore: Lo Spirito soffia dove vuole 104. Al contrario, riguardo all’affermazione dell’Apostolo: Ma tutte queste opere le compie il medesimo e identico Spirito 105, bisogna guardarsi bene dal pensare che quelle stesse opere non le compiono il Padre e il Figlio, dal momento che tra quelle opere cita anche il dono delle guarigioni e il potere di fare prodigi 106, tra i quali c’è senza dubbio anche quello di scacciare i demoni. Ma poiché soggiunge e dice: Distribuendo a ciascuno come vuole 107, non rende forse palese anche il potere dello Spirito Santo, ma assolutamente inseparabile da quello del Padre e del Figlio? Or dunque tali espressioni si dicono in modo tuttavia da intenderle nel senso che le operazioni della Trinità sono inseparabili,… non è stata fatta nel senso che non operino con lui il Padre e il Figlio, ma nel senso che a compiere queste opere non sono molti ma un solo Spirito e nelle sue diverse azioni non è diviso da se stesso.

446. (De Trin. II 5,9). Intenda dunque quella incarnazione e quella nascita dalla Vergine, in cui consiste la sua missione, come operata indivisibilmente da una unica ed identica azione del Figlio e del Padre, senza ben inteso escluderne lo Spirito Santo, del quale è chiaramente detto: Si trovò incinta per virtù dello Spirito Santo 59.

447.(ib. 10,18). Non che la voce abbia potuto echeggiare senza l’intervento del Figlio e dello Spirito Santo, perché la Trinità è indivisibile nel suo operare, ma quella voce è echeggiata per manifestare la persona del Padre soltanto, come la natura umana tratta dal seno della vergine Maria è opera della Trinità, ma unita personalmente al Figlio soltanto; infatti la Trinità invisibile ha prodotto il personaggio visibile del Figlio soltanto.

448. (Ep. 169,2,6). Per far capire in qualche modo questa verità, prendiamo come esempio la memoria, l’intelligenza e la volontà. Quantunque enunciamo separatamente queste facoltà una alla volta in momenti diversi e particolari per ciascuna, non possiamo far nulla né parlare di una di esse senza il concorso delle altre due. Non dobbiamo tuttavia credere che il paragone di queste tre facoltà con la Trinità sia così esatto da corrispondere in ogni parte. Del resto, in una discussione, quale paragone riesce così calzante da adattarsi in ogni parte all’argomento per il quale dev’essere usato? O quando mai si può prendere una creatura per un paragone che si confaccia al Creatore? Si riscontra dunque che questa similitudine è dissimile in primo luogo per il fatto che le tre facoltà, cioè memoria, intelligenza e volontà, sono insite nell’anima, ma l’anima non è nessuna di queste tre facoltà. La Trinità invece non è insita in Dio, ma è Dio essa medesima. Qui risalta una semplicità meravigliosa, poiché non c’è diversità tra l’essere, l’intendere e qualsiasi altro attributo della natura di Dio, mentre invece, poiché l’anima esiste anche quando non comprende, il suo essere e il comprendere son due cose diverse. Inoltre chi oserebbe dire che il Padre non comprende da se stesso ma per mezzo del Figlio, come la memoria non comprende da se stessa ma per mezzo dell’intelligenza o piuttosto come l’anima, in cui sono insite queste facoltà, comprende solo mediante l’intelligenza, ricorda solo mediante la memoria e vuole solo mediante la volontà? Questo paragone è usato perché, in un modo quale che sia, si comprenda ciò: allo stesso modo cioè che quando si enuncia ognuna delle tre facoltà insite nell’anima mediante i termini che le denotano, il termine corrispondente a ciascuna non può essere enunciato senza il concorso di tutt’e tre le facoltà in quanto per enunciarle bisogna ricordare, comprendere e volere, così non c’è creatura con cui si denoti soltanto il Padre o soltanto il Figlio o soltanto lo Spirito Santo e non insieme la Trinità, senza che una tale creatura sia l’opera simultanea della Trinità che opera sempre indivisibilmente. Per conseguenza né la voce del Padre né l’anima e il corpo del Figlio né la colomba dello Spirito Santo sono stati fatti senza il concorso simultaneo delle tre Persone della Trinità.

CAPITOLO VIII

Missioni divine e  teofanie

SOMMARIO. Il Padre non è stata mandato da nessuno, perché non dipende da nessuno: 449-450. Il Figlio è stato mandato dal padre, perché da lui generato. Nessuna disuguaglianza risulta: 451-454. Il Padre e il Figlio hanno inviato lo Spirito Santo. Né il Figlio né lo Spirito Santo sono inferiori al Padre, poiché sono stati inviati dove già erano: 455-458. La Missione del Figlio è diversa dalla missione dello Spirito Santo per il fatto che Lo Spirito Santo non assunse la natura umana nell’ unità della persona: 459-460. Si domanda se il Padre, o il Figlio, o lo Spirito Santo apparvero nelle teofanie, o la stessa Trinità insieme: 461. Le tre persone divine sono ugualmente invisibili, né si possono  vedere corporalmente: 462-464. Valuta le teofanie fatte con le creature in particolare con gli angeli:465-467.

449. (C. S. Arian. 4). Solo del Padre non si legge che sia stato mandato, poiché non ha autore da cui egli sia stato generato o da cui proceda. E perciò non per la diversità della natura, che nella Trinità non sussiste, ma per la sua stessa autorità, solamente del Padre non si dice che sia stato mandato.

450. (De Trin. IV 20,28). Ma il Padre, anche quando lo si conosce temporalmente, non si dice mandato, perché non ha alcuno dal quale ricevere l’essere o dal quale procedere. La Sapienza esclama: Io sono uscita dalla bocca dell’Altissimo 161, e dello Spirito Santo è detto: Egli procede dal Padre 162, ma il Padre da nessuno.

451. (ib. 20,29). Dunque come il Padre ha generato, il Figlio è stato generato, così il Padre ha mandato, il Figlio è stato mandato…Come infatti per il Figlio nascere è essere dal Padre, così per il Figlio essere mandato è essere conosciuto nella sua origine dal Padre. Alla stessa maniera come per lo Spirito Santo essere il dono di Dio è procedere dal Padre, così per lui essere mandato è venir conosciuto nella sua processione dal Padre, e non possiamo dire che lo Spirito Santo non proceda anche dal Figlio.

452. (ib. 20,28). Dunque il Verbo di Dio è mandato da Colui del quale è Verbo; è mandato da Colui dal quale è nato; manda colui che genera, è mandato colui che è generato.

453. ( C. S. Arian. 3,4). l fatto, poi, che il Padre abbia mandato il Figlio, non può essere negato. Ma considerino, se possono, come lo ha mandato e con chi egli venne. Forse ha mentito quando dice: Io non sono solo, perché il Padre è con me 7? Ma, in qualunque modo capiscano che è stato mandato, è forse diversa la natura per il fatto che il Padre invia e il Figlio è inviato?

454. ( De Trin. IV 20,27). Se dunque il Figlio si dice mandato dal Padre perché questi è Padre e quello è Figlio, niente ci impedisce di credere che il Figlio sia uguale e consustanziale al Padre e che tuttavia il Figlio sia stato mandato dal Padre. Non perché l’uno sia superiore e l’altro inferiore, ma perché l’uno è Padre e l’altro è Figlio, l’uno genitore e l’altro generato, l’uno dal quale è colui che viene mandato, l’altro che è da colui che manda.

455. (C. S. Arian. 19). Egli, tuttavia, per dimostrare inseparabili le opere sue e quelle del Padre, disse: Quando me ne sarò andato, lo manderò a voi 90; sebbene in un altro passo dica: Colui che il Padre manderà nel mio nome 91. Dove appare chiaro che il Padre e il Figlio hanno mandato lo Spirito Santo.

456. (De Trin. II 5,7). “Chi manda è superiore a chi è mandato”; perciò il Padre è superiore al Figlio, perché il Figlio afferma costantemente di essere mandato dal Padre 40; è anche superiore allo Spirito Santo, perché Gesù disse di lui: Colui che il Padre manderà in mio nome 41. Lo Spirito Santo da parte sua è inferiore al Padre e al Figlio perché lo manda il Padre, come abbiamo detto, e lo manda anche il Figlio, come testimonia la sua parola: Ma se me ne andrò, ve lo manderò 42.

457. (ib. 5,7). Circa questa questione chiedo anzitutto da dove sia stato mandato il Figlio e dove sia stato mandato. Io – egli ha detto – sono uscito dal Padre e sono venuto in questo mondo 43. Dunque uscire dal Padre e venire in questo mondo, questo significa essere mandato. Che cosa significa l’affermazione che fa su di lui lo stesso Evangelista: Egli era nel mondo e il mondo per mezzo di lui è stato fatto e il mondo non l’ha conosciuto? E subito aggiunge: è venuto nella sua proprietà 44. Certo egli è stato mandato là dove è venuto, ma se è stato mandato in questo mondo, perché è uscito dal Padre ed è venuto in questo mondo, ed era in questo mondo, allora è stato mandato là dov’era.

458. (C. S. Arian. 4). Questo poi può essere compreso anche dal fatto che si dice che il Figlio è stato mandato dal Padre, poiché il Figlio è apparso in carne agli uomini, non il Padre. Chi, infatti, è inviato là dove si trova? Dove poi non è la Sapienza di Dio, che è Cristo, di cui si legge: Essa si estende da un confine all’altro con forza, e governa con bontà eccellente ogni cosa 8? Dal momento, dunque, che anche il Figlio è ovunque, come doveva essere inviato dove prima non era, se non apparendo come prima non era apparso?

459. (De Trin. II 5,10-11). Se dunque si afferma che è stato mandato il Figlio in quanto si manifestò esteriormente in una creatura corporea,… si comprende facilmente perché si parli pure di missione a proposito dello Spirito Santo, sia quando discese sul Signore stesso, sotto l’apparenza corporea di una colomba 67 sia quando, trascorsi dieci giorni dall’ascensione di lui, nel giorno della Pentecoste improvvisamente venne dal cielo un suono come di vento che soffi impetuoso, ed apparvero ad essi delle lingue separate come di fuoco che si posò sopra ciascuno di loro 68. È questa azione manifestatasi visibilmente ed offertasi agli occhi dei mortali che è stata chiamata missione dello Spirito Santo. 11. Perciò la creatura in cui si doveva manifestare lo Spirito Santo non è stata assunta come è stata assunta quella carne umana e quella natura umana dalla vergine Maria 72…Quelle creature invece apparvero quando era opportuno che apparissero, perché la creatura serve al Creatore…perché la creatura serve al Creatore 73 e si è mutata e trasformata 74, secondo la volontà di Colui che resta immutabile in se stesso, per significarlo e rivelarlo come era necessario significarlo e rivelarlo ai mortali.

460. (De Trin. II 7,12). quella natura di servo è stata assunta in unità di persona, invece quei fenomeni sensibili apparvero temporaneamente per far conoscere ciò che era necessario e poi cessare di esistere.

461. (ib. 7,13). In questa questione così difficile il primo problema da risolvere, con l’aiuto del Signore, è se attraverso quei fenomeni creati si sia manifestato il Padre o il Figlio oppure lo Spirito Santo; se talvolta il Padre, talvolta il Figlio, talvolta lo Spirito Santo; ovvero, senza alcuna distinzione di Persone ma in quanto Dio uno ed unico 88, la Trinità stessa si sia manifestata.

462. (ib. 9,16). In quanto a noi che affermiamo che mai Dio, Padre, Figlio, Spirito Santo è apparso agli occhi degli uomini se non per mezzo di una creatura materiale sottomessa alla sua potenza, con impegno pacifico e nella pace cattolica sforziamoci di indagare, pronti a tener conto di ogni critica fraterna e giusta

463. (ib. 17,32). Perciò, se in quelle conversazioni che avvenivano al momento dell’Esodo o in tutte quelle manifestazioni corporee si mostrava il Signore Gesù Cristo, ovvero talora Cristo, come induce a pensare l’analisi di questo passo, talaltra lo Spirito Santo,.. non ne consegue che Dio Padre non si sia mai manifestato in quei fenomeni. In quei tempi infatti molte apparizioni di questo genere avvennero senza che in esse fossero nominati o designati o il Padre o il Figlio o lo Spirito Santo, ma furono accompagnate da indicazioni abbastanza chiare, grazie a numerosi indizi, da farci apparire troppo temerario affermare che Dio Padre non si sia mai manifestato ai Patriarchi o ai Profeti sotto forme visibili. Questa opinione è nata da coloro che si sono mostrati incapaci di riconoscere l’unità della Trinità in quelle parole: Al re immortale dei secoli, all’invisibile e unico Dio 216; e: Colui che nessun uomo vide mai, né può vedere 217. Questo la vera fede lo intende come detto della stessa sostanza altissima, supremamente divina e immutabile, nella quale un solo e medesimo Dio è Padre, Figlio e Spirito Santo. Mentre quelle apparizioni si sono realizzate per mezzo della creatura mutevole che obbedisce al Dio immutabile ed hanno manifestato Dio non esattamente com’è ma attraverso dei segni, come richiedevano le circostanze e i momenti.

464. (ib. 18,35). La natura stessa infatti o la sostanza o l’essenza o con qualunque altro nome si debba chiamare l’essere stesso di Dio, qualunque esso sia, non si può vedere sensibilmente. Si deve invece ammettere che per mezzo della creatura docile a Dio non solo il Figlio o lo Spirito Santo, ma anche il Padre abbia potuto manifestarsi ai sensi degli uomini sotto una forma o un’immagine corporea.

465. (De Trin III 11,22). È dunque chiaro che tutte le apparizioni fatte ai Patriarchi quando Dio si rivelava ad essi secondo il suo piano stabilito per quei tempi, sono avvenute per mezzo di una creatura. Se noi ignoriamo come abbia compiuto quelle cose servendosi degli Angeli come ministri suoi, in ogni caso non è in base ad un’idea personale che affermiamo l’intervento degli Angeli, e questo perché nessuno ci creda più saggi di quello che siamo; ora le nostre pretese sono modeste, conformi alla misura di fede che Dio ci ha dispensato 101

466. (De Trin III 11,26). Che vi può essere di più evidente di questo,… Per mezzo degli Angeli era dunque il Signore che parlava allora, è per mezzo degli Angeli che il Figlio di Dio, il Mediatore di Dio e degli uomini 135, che sarebbe nato dalla stirpe di Abramo, preparava la sua venuta per trovare accoglienza presso uomini che si riconoscessero colpevoli perché la Legge da essi non attuata ne aveva fatto dei trasgressori.

467. (De Trin. IV 21,31). Di conseguenza, se mi si chiede come sono state realizzate le voci, le forme, le apparizioni sensibili anteriori all’incarnazione del Verbo di Dio e che ne prefiguravano la venuta, rispondo che Dio le ha realizzate per mezzo degli Angeli,… Se mi si domanda poi come si realizzò l’incarnazione, dico che il Verbo di Dio si è fatto carne, cioè uomo,… Se si chiede come, dopo l’incarnazione del Verbo, si è realizzata la voce del Padre o la forma corporea sotto la quale lo Spirito Santo si è manifestato, ciò è avvenuto per mezzo della creatura non ne dubito. Ma se sia stata operata per mezzo di una creatura soltanto corporea e sensibile, o se Dio si sia servito di una creatura razionale o intellettiva…o se si debba intendere tutto questo in maniera diversa è molto difficile sapere e non conviene avanzare delle soluzioni alla leggera.

CAPITOLO IX

Le analogie della Santissima Trinità

SOMMARIO. La fede cerca l’ intelletto. Chi cerca utilmente, per quanto sia incomprensibile, cosa avrebbe potuto trovare. Per alcune trinità, Agostino cerca indizi della somma Trinità: 468. Un ternario è l’ essere, il conoscere e il volere: 460-470. Secondo ternario: quando si ama qualcosa ci sono tre fatti: l’ amante, l’amato, e l’ amore. Due soltanto sono presenti in chi ama se stesso: l’ amore e l’ amato, non c’è dunque Trinità? Poiché nessuno si ama senza conoscersi, allora abbiamo ancora la triade: le mente, la notizia, l’amore. Queste tre cose sono una cosa sola, e chi lo fa, senza eccesso o difetto, perfettamente si conosce e ama, sono uguali. Qualora uno di questi fosse sostanza, non si può comunque parlare di tre sostanze, in quanto sono i termini della relazione. Sostiene che queste tre cose sono la medesima sostanza, e quindi una sostanza. E sono inseparabili tra loro, e tuttavia  non si confondono in alcuna mescolanza: 471-476. Terzo ternario, memoria, intelligenza, volontà. Non sono tre sostanze, ma una sostanza. Per il fatto che sono una vita, una mente, una essenza. E sono tre perché si riferiscono sempre a loro vicendevolmente:477-478. La Trinità è rappresentata anche dal fuoco, dallo splendore, dal calore: 479. La Trinità deve necessariamente esistere: 480. Conclusione del trattato: 481.

468. (De Trin. XV 2,2.3). Dio stesso, che cerchiamo, ci aiuterà, spero, perché il nostro sforzo non sia infruttuoso e perché comprendiamo come lo scrittore santo abbia potuto dire nel Salmo: Si rallegri il cuore di coloro che cercano Dio: cercate Dio e siate forti; cercate sempre il suo volto 3…Perché il Salmista non dice: “Si rallegri il cuore di coloro che trovano”, ma: di coloro che cercano il Signore 4? E che tuttavia Dio Signore si possa trovare, quando lo si cerca, lo testimonia il profeta Isaia, quando afferma: Cercate il Signore e appena lo troverete, invocatelo;…

469. (Conf. XIII 11). Ma la Trinità onnipotente, chi la comprenderà? Eppure chi non parla di lei, se almeno parla di lei? Raramente l’anima che parla di lei sa di cosa parla. Si discute, ci si batte, ma nessuno, se non ha pace, vede questa visione. Vorrei invitare gli uomini a riflettere su tre cose presenti in se stessi, ben diverse dalla Trinità, ma che indico loro come esercizio, come prova e constatazione che possono fare, di quanto ne siano lontani. Alludo all’esistenza, alla conoscenza e alla volontà umana. Io esisto, so e voglio; esisto sapendo e volendo, so di esistere e volere, voglio esistere e sapere. Come sia inscindibile la vita in queste tre facoltà e siano un’unica vita, un’unica intelligenza e un’unica essenza, come infine non si possa stabilire questa distinzione, che pure esiste, lo veda chi può. Ciascuno è davanti a se stesso; guardi in se stesso, veda 56 e mi risponda. Ma quand’anche avrà scoperto su ciò qualcosa e saprà esprimerlo, non s’illuda di aver scoperto finalmente l’Essere che sovrasta immutabile il mondo, immutabilmente esiste, immutabilmente sa e immutabilmente vuole. L’esistenza anche in Dio di queste tre facoltà costituisce la sua trinità, o questa triplice facoltà si trova in ognuna delle tre persone, così da essere tre in ognuna? o entrambi i casi si verificano in modi mirabili entro una semplicità molteplice, essendo la Trinità in sé per sé fine infinito, così da essere una cosa sola, e come tale conoscersi e bastarsi immutabilmente nella grande abbondanza della sua unità? Chi potrebbe avere facilmente questo concetto? chi esprimerlo in qualche modo? e pronunciarsi, in qualsiasi modo temerariamente?

470 (De civ. Dei XI 26). Noi ravvisiamo in noi l’immagine di Dio, cioè della somma Trinità… Tuttavia è tale che nessuna delle cose da lui create gli è più vicina nell’essere ed è ancora da perfezionarsi in un rinnovamento continuo perché gli sia sempre più vicina nella somiglianza.. Noi esistiamo infatti, abbiamo coscienza di esistere e amiamo il nostro esistere e l’averne coscienza.

471. (De Trin. IX 2,2). fissiamo la nostra attenzione su queste tre realtà che ci sembra di aver scoperto… Pensate a me, a me che cerco questo. Quando amo qualcosa, ci sono tre cose: io, ciò che amo e l’amore stesso. Infatti non amo l’amore, se non lo amo amante, perché non c’è amore, dove nulla è amato. Ecco dunque tre cose: colui che ama, ciò che è amato, e l’amore. Ma che dire se non amo che me stesso? Non ci saranno solo due cose, ciò che amo e l’amore? Quando si ama se stessi, colui che ama e ciò che è amato sono la stessa cosa; come amare ed essere amato sono allo stesso modo la medesima cosa, quando qualcuno ama se stesso. Si esprime due volte la medesima cosa, quando si dice: ama se stesso ed è amato da sé. Allora amare non è cosa diversa che essere amato, proprio come colui che ama non è diverso da colui che è amato. Ma resta tuttavia che l’amore e ciò che è amato anche allora sono due cose… Dove trovare dunque una trinità?

472. (ib. 34,3.4). Lo spirito non può amare se stesso se anche non si conosce; come può infatti amare ciò che ignora?… Perciò lo spirito, come raccoglie per mezzo dei sensi del corpo le conoscenze delle realtà corporee, così raccoglie le conoscenze delle realtà incorporee per mezzo di se stesso. Dunque conosce anche se stesso per mezzo di se stesso, perché incorporeo 20. Infatti, se non si conosce, non si ama… 4. 4. Ma come sono due cose lo spirito ed il suo amore, quando lo spirito ama se stesso, così sono due cose lo spirito e la sua conoscenza quando conosce se stesso. Dunque lo spirito, il suo amore e la sua conoscenza sono tre cose e queste tre cose non ne fanno che una e, quando sono perfette, sono uguali. Se infatti l’amore con cui lo spirito si ama è inadeguato al suo essere, come se, per esempio, lo spirito si ama nella misura in cui deve essere amato il corpo dell’uomo, mentre esso è superiore al corpo, pecca e il suo amore non è perfetto. Così se l’amore con cui si ama sarà superiore a quello che merita il suo essere, come se si ama nella misura in cui si deve amare Dio, essendo esso incomparabilmente inferiore a Dio, ancora una volta pecca gravemente e l’amore che ha di sé non è perfetto. Più perverso e più iniquo è il suo peccato, quando ama il corpo nella misura in cui si deve amare Dio. Similmente la conoscenza, se è inferiore all’oggetto conosciuto e pienamente conoscibile, è imperfetta. Se invece è superiore, allora il soggetto conoscente vale più dell’oggetto conosciuto; così la conoscenza che si ha di un corpo è superiore al corpo che tale conoscenza ci rende noto. Infatti la conoscenza è una specie di vita nella ragione di colui che conosce, mentre il corpo non è vita. E la vita, qualunque essa sia, è superiore al corpo, qualunque esso sia, non in volume, ma in potenza. Ma quando lo spirito conosce se stesso, la sua conoscenza non è superiore al suo essere, perché è esso che conosce, esso che è conosciuto. Quando dunque conosce se stesso tutto intero e niente altro con sé, la sua conoscenza è uguale ad esso perché, quando si conosce, non trae la sua conoscenza da un’altra natura. E quando si percepisce tutto intero e niente più, non è né inferiore né superiore. A ragione abbiamo detto dunque che queste tre cose, quando sono perfette, sono necessariamente uguali.

473. (ib. 4,6). Così, sebbene sia sostanza colui che ama e conosce, sia sostanza la sua conoscenza e sostanza sia il suo amore, tuttavia colui che ama e l’amore, o colui che conosce e la conoscenza, sono termini relativi l’uno all’altro, come lo sono gli amici. Invece l’anima intellettiva o lo spirito non debbono essere considerati termini relativi, come nemmeno gli uomini sono realtà relative. Tuttavia se gli amici possono essere separati tra loro, non lo possono al contrario chi ama e il suo amore, chi conosce e la sua conoscenza. È vero che anche gli amici sembra che possano stare separati fisicamente, ma non spiritualmente, in quanto amici, ma può accadere tuttavia che un amico incominci ad odiare l’amico e per ciò stesso cessi d’essere amico, all’insaputa dell’altro, che ancora lo ama. Se invece cessa di esistere l’amore con cui lo spirito si ama, nello stesso tempo lo spirito cessa di amare. Così pure, se cessa di esistere la conoscenza con cui lo spirito si conosce, nello stesso momento lo spirito cessa di conoscersi.

474. (ib. 4,7). Vi sono dei corpi che non si possono assolutamente sezionare e dividere, tuttavia, se non fossero costituiti da parti, non sarebbero corpi. La parte dunque dice relazione al tutto, perché ogni parte è parte di un tutto ed il tutto è tutto per tutte le sue parti. Ma poiché parte e tutto sono corpi, essi non hanno solo valore relativo, ma esistono anche in senso sostanziale. Si dirà, forse, allora, che lo spirito è il tutto, mentre l’amore con cui si ama e la conoscenza con cui si conosce sono come le sue parti, due parti dalle quali quel tutto è costituito? O forse ci sono tre parti uguali, di cui un tutto unico sarebbe la somma? Ma nessuna parte abbraccia il tutto, di cui è parte. Invece lo spirito, quando si conosce tutto intero, cioè si conosce perfettamente, la sua conoscenza penetra tutto il suo essere e, quando si ama perfettamente, si ama tutto ed il suo amore penetra tutto il suo essere… Tutte e tre queste cose è necessario dunque che appartengano ad un’unica e medesima essenza. E perciò se fossero come fuse in una mescolanza, esse non potrebbero essere tre, e non potrebbero essere in relazione scambievole. Se si fanno con un unico ed identico oro tre anelli simili, sebbene intrecciati l’un l’altro, essi sono in mutua relazione, perché sono simili; infatti ogni simile è simile a qualcosa. C’è dunque una trinità di anelli ed un oro unico. Ma se si fondono insieme, e ciascuno si mescola con la massa totale, quella trinità scompare, non esisterà assolutamente più. E non solo si parlerà di un medesimo oro com’era nei tre anelli, ma non esisteranno più i tre oggetti d’oro.

475. (ib. 12,18). Ed ecco una certa immagine della Trinità: lo spirito, la sua conoscenza che è la sua prole ed il verbo generato da esso, e, in terzo luogo, l’amore; e queste tre realtà fanno una sola cosa 35 ed una sola sostanza.

476. (ib. 5,8). Ma quando lo spirito si conosce e si ama, in quelle tre realtà – lo spirito, la conoscenza, l’amore – resta una trinità; e non c’è né mescolanza né confusione, sebbene ciascuna sia in sé, e tutte si trovino scambievolmente in tutte, ciascuna nelle altre due, e le altre due in ciascuna. Di conseguenza tutte in tutte 22. Infatti lo spirito è certamente in sé, perché si dice spirito in relazione a se medesimo, sebbene, come conoscente, conosciuto e conoscibile, esso sia relativo alla conoscenza con cui si conosce; ed anche in quanto amante, amato o amabile dica relazione all’amore con cui si ama. E la conoscenza, sebbene si riferisca allo spirito, che conosce o è conosciuto, tuttavia la si dice conosciuta o conoscente in se stessa; infatti la conoscenza con cui lo spirito si conosce non è sconosciuta a se stessa. E sebbene l’amore si riferisca allo spirito che ama e di cui è l’amore, tuttavia è amore anche in se stesso, cosicché esiste anche in se stesso, perché anche l’amore è amato e non può essere amato che con l’amore, cioè con se stesso. Sicché ciascuna di queste realtà, considerata a parte, esiste in se stessa. L’una poi è nell’altra così: lo spirito che ama nell’amore, l’amore nella conoscenza dello spirito che ama, la conoscenza nello spirito che conosce. Ciascuna è nelle altre due così: lo spirito che conosce ed ama se stesso è nel suo amore e nella sua conoscenza; l’amore dello spirito che si ama e si conosce è nello spirito e nella sua conoscenza; e la conoscenza dello spirito che si conosce e si ama è nello spirito e nel suo amore, perché si ama come conoscente e come amante. E per questo anche le altre due sono in ciascuna, perché lo spirito che si conosce ed ama è con la sua conoscenza nell’amore e con il suo amore nella conoscenza; anche l’amore stesso e la conoscenza sono insieme nello spirito che si ama e si conosce. Come poi ognuna sia tutta in tutte lo abbiamo già mostrato sopra: lo spirito ama tutto se stesso, conosce tutto se stesso, conosce tutto il proprio amore, ama tutta la conoscenza di sé, se queste tre cose sono perfette in se stesse. Così queste tre realtà sono in modo meraviglioso inseparabili tra loro, e tuttavia ciascuna di esse, considerata a parte, è sostanza, e tutte insieme sono una sola sostanza o essenza, sebbene nel contempo si predichino in vicendevole relazione.

477. (C. S. Arian. 16). C’è nell’uomo qualcosa di simile, sebbene non sia da paragonare in nessun modo all’eccellenza di quella Trinità che è Dio; questa infatti è Dio, quello una creatura. Tuttavia, anche l’uomo ha alcune caratteristiche dove si può scorgere in qualche modo qualche cosa di quello che si dice della natura ineffabile di Dio. E infatti non è stato detto invano: Facciamo l’uomo a tua immagine, come se il Padre parlasse al Figlio; o a mia immagine, ma è stato detto: A nostra immagine 83. Questo si intende correttamente della natura della stessa Trinità. E così nell’anima dell’uomo pensiamo queste tre realtà: la memoria, l’intelligenza, la volontà; da queste tre deriva tutto ciò che facciamo. E quando queste tre realtà agiscono bene e rettamente, tutto quello che facciamo sarà buono e retto, se la dimenticanza non sorprende la memoria, l’errore l’intelligenza, l’iniquità la volontà. Così, certo, siamo conformi all’immagine di Dio. Dunque, ogni nostra opera deriva da queste tre realtà; infatti, non facciamo nulla che esse non facciano insieme.

478. (De Trin. X 11,18). Queste tre cose dunque: memoria, intelligenza, volontà, non sono tre vite, ma una vita sola; né tre spiriti, ma un solo spirito; di conseguenza esse non sono tre sostanze, ma una sostanza sola 36. La memoria, in quanto si dice vita, spirito, sostanza, si dice in senso assoluto; ma come memoria si dice in senso relativo. Lo stesso si può affermare per l’intelligenza e la volontà perché anche l’intelligenza e la volontà si dicono in senso relativo. Ma considerata in sé ognuna è vita, spirito ed essenza. E queste tre cose sono una cosa sola 37, per la stessa ragione per la quale sono una sola vita, un solo spirito, una sola essenza. Ed ogni altra cosa che si dice di ciascuna di esse in senso assoluto, anche di tutte insieme la si predica non al plurale ma al singolare. Invece esse sono tre cose per la stessa ragione per cui sono in reciproca relazione tra loro. E se non fossero uguali, non solo ciascuna a ciascuna, ma anche ciascuna a tutte, esse non si includerebbero a vicenda. Infatti non soltanto ciascuna è contenuta in ciascuna, ma anche tutte sono contenute in ciascuna. Infatti ho memoria di aver memoria, intelligenza e volontà. Ho intelligenza di intendere, volere e ricordare. Ho volontà di volere, di ricordare, di intendere 38. Con la mia memoria abbraccio insieme tutta la mia memoria, intelligenza e volontà. Infatti ciò che della mia memoria non ricordo, non è nella mia memoria. Ma niente è tanto nella memoria, come la memoria stessa. Dunque me la ricordo tutta intera. Così tutto ciò che intendo so di intenderlo e so di volere tutto ciò che voglio, ora tutto ciò che so, lo ricordo. Dunque mi ricordo di tutta la mia intelligenza, di tutta la mia volontà. Allo stesso modo quando intendo queste tre cose, le intendo tutte intere insieme. Non c’è infatti cosa intelligibile che io non intenda, se non ciò che ignoro. Ma ciò che ignoro nemmeno lo ricordo, neppure lo voglio. Tutto ciò che di intelligibile invece ricordo e voglio, per questo fatto stesso lo intendo. Anche la mia volontà contiene la mia intelligenza tutta intera, e la mia memoria tutta intera quando faccio uso di tutto ciò che intendo e ricordo. In conclusione quando queste tre cose si contengono reciprocamente, e tutte in ciascuna e tutte interamente, ciascuna nella sua totalità è uguale a ciascuna delle altre nella sua totalità e ciascuna di esse nella sua totalità è uguale a tutte considerate insieme e nella loro totalità: tutte e tre costituiscono una sola cosa 39, una sola vita, un solo spirito, una sola essenza

479. (De symb. S. ad catec. 9,9).

480. ( De div. quaest. 83 q. 18). In tutto ciò che esiste altro è la costituzione, altro la specificità, altro la struttura. Ogni creatura dunque, se esiste in qualche modo e differisce enormemente da ciò che non esiste affatto e si struttura convenientemente nelle sue diverse parti, deve avere anche una triplice causa che la faccia essere, la determini, la armonizzi con se stessa. Ora noi diciamo che Dio è la causa, cioè l’autore della creatura. È dunque necessario che egli sia Trinità: la ragione perfetta non può trovare niente di più eccellente, di più intelligente e di più felice di essa. Per questo motivo, anche quando si cerca la verità, non possono esserci più di tre generi di questioni: se l’oggetto esiste realmente, se è una cosa o un’altra, se merita approvazione o disapprovazione.

480 bis  FORMULE E IMMAGINI DI TRINITA’ IN S. AGOSTINO

PADRE FIGLIO SPIRITO SANTO
A) In Dio stesso
Sommo essere Essere sommamente sapiente Esse sommamente buono
Vera eternità Eterna verità Eterna e vera carità
Eternità Verità Volontà
Beatitudine
Specie Uso
Pater Imago  Munus
Origine delle cose Bellezza Amore
B) Nelle creature in genere
Unità Species Ordo
Modus Species Ordo
Existentia Scientia Utriusque amor
Esse Forma Manentia
Esse Nosse Velle
Esse Specie contineri Ordinem appetere
Id quod res constat – quo discernitur – quo congruit
Id quo res sit – quo hoc sit – quo sibii amica sit
Natura Doctrina Usus
Phisica Logica Ethica
C) In nomine sensibili
Res visa Visio externa Animi intentio
Memoria Visio interna Volitio
D) In anima spirituali
Amans Quod amatur Amor
Esse Intelligere Vivere
Memoria Intelligentia Voluntas
Ingenium Doctrina Usus
Memoria de Deo Intellectio Dei Amor (in Deum)
Mens Notizia Amor

481. (De Trin XV 28,51). Signore, unico Dio, Dio Trinità, sappiano essere riconoscenti anche i tuoi per tutto ciò che è tuo di quanto ho scritto in questi libri. Se in essi c’è del mio, siimi indulgente Tu e lo siano i tuoi. Amen.